La Spezia, 8 marzo 2017 - «Incapace di intendere e volere al momento del fatto». Nessun dubbio per lo psichiatra Giuseppe Bartolini all’esito della perizia a cui ha sottoposto Loreno Ruffini, l’anziano di 83 anni che il 15 febbraio scorso uccise la moglie Rosanna Fortunato, 77 anni, colpendola con un colpo di tagliere in testa durante la colazione che si apprestava a consumare, nella cucina della loro abitazione a Rebocco. L’incarico a periziare l’omicida era stato affidato dal suo difensore, l’avvocato Salvatore Lupinacci.
La relazione si è materializzata nei giorni scorsi e ieri è stata depositata nella cancelleria del pm Maurizio Caporuscio, titolare dell’inchiesta. In circa 50 pagine, il dottor Bartolini ha ripercorso la ’status’ mentale dell’indagato, i problemi pregressi, il coacervo di pensieri che hanno aggravato il suo stato depressivo, innescando l’azione omicidiaria.
«Ho visto mia moglie di fronte, mi si è annebbiata la vista, la testa mi si è svuotata, come se dentro avessi un pallone che si muoveva. Mi sono alzato dalla tavola, sono andato verso il ripostiglio alle spalle di mia moglie e ho visto il tagliere sul frigorifero e da qui non ricordo più niente», questo uno dei passaggi cardine della ricostruzione dei fatti da parte di Ruffini.
L’uomo ha ribadito quanto già raccontato al pm: «Era disperato per la perdita di una commessa di lavoro...sono andato in confusione, mi sentivo come un bidone vuoto».
Ruffini ha detto di aver pensato al suicidio, di essersi recato alla stazione ferroviaria per lanciarsi sotto un treno ma di aver poi pensato che quella soluzione avrebbe aggravato la posizione della moglie, perché mancando lui veniva meno il sostegno a lei. Il perito ha accertato nel Ruffini un «disturbo bipolare II» che, connesso alla depressione, ha inibito la sua capacità di intendere e volere al momento del fatto. La patologia mentale continua a sussistere al punto da rendere l’anziano «persona socialmente pericolosa per il rischio di condotte anticonservative». Ruffini è attualmente detenuto in carcere in attesa del ricovero in una casa di cura.