FABIO BERNARDINI
Cronaca

Un tetto sulla testa di chi sogna. Debutto da incorniciare per la nuova curva coperta

Spelacchiato come nei mitici anni ’80 oppure incoronato da una tribuna che fa invidia. Qualunque sia la veste, lo stadio circondato dai pioppi non perde mai la sua magia.

Spelacchiato come nei mitici anni ’80 oppure incoronato da una tribuna che fa invidia. Qualunque sia la veste, lo stadio circondato dai pioppi non perde mai la sua magia.

Spelacchiato come nei mitici anni ’80 oppure incoronato da una tribuna che fa invidia. Qualunque sia la veste, lo stadio circondato dai pioppi non perde mai la sua magia.

Ogni volta che uno spezzino varca la soglia del ‘Picco’ sono emozioni: forti, uniche, irripetibili. Lo era nei tempi di ‘magra’ della Serie C degli anni ‘60, ‘70 e ‘80, quando un vetusto stadio circondato dai pioppi, con le gradinate logorate dal tempo, una tribuna con le panche di legno e un terreno di gioco a schiena d’asino, suscitavano sensazioni inarrivabili. Lì, i bambini portati dai nonni e dai papà, diventavano aquilotti, e quel campo spelacchiato, che si trasformava in fanghiglia nelle giornate piovose, "era il nostro ‘Bernabeu’". In quella casa comune le vibrazioni di cuore sono sempre state una costante, con apici di commozione per una promozione in C1 senza società, nel 1986, di orgoglio per lo Spezia dei record di mandorliniana memoria nel 2000, di pianti per il ritorno in B nel 2006, dopo 55 anni di assenza, al netto di uno stadio che si rifaceva il look alla meno peggio, per mezzo di antiestetici sedili arancioni scarti di San Siro e impresentabili vetrate in gradinata. Poi gli anni di Volpi, il triplete, la Serie A, in un ‘catino’ per tre quarti diverso nelle strutture: una tribuna stile anni ’20, una gradinata e una curva più moderne, una curva Piscina in ferrotubi. Eppure quel ‘Picco’, con le sue disarmonie, ha continuato a essere, per intere generazioni, l’equivalente del Maracanà, lo stadio infuocato, a due passi dal mare, "dove dominano le Aquile", capace di inebriare con i suoi profumi e i suoi suoni magici.

Quindi la Serie A e il ‘Rinascimento’ infrastrutturale fortemente voluto dai Platek, in una sinergia con Regione e Comune, che ha portato al capolavoro attuale. Ciò che si è vissuto domenica scorsa, al cospetto della magnificenza della curva Ferrovia coperta, perfettamente armonizzata con una tribuna avveniristica, una gradinata moderna e una curva Piscina imponente, è la chiusura di un cerchio. Un sogno che si realizza per la gente di mezza età, un motivo di gioia e orgoglio per le nuove generazioni, tutti concordi nel gonfiare il petto di fronte a una struttura straordinaria per fascino, bellezza, eleganza, magia. In quel tempio incastonato tra le colline, dove l’io diventa noi, con lo sfondo della Vespucci a dominare la scena, le emozioni sono sempre le stesse, ora come allora: intense, inarrivabili, contagiose, addirittura ulteriormente amplificate, nella consapevolezza del salto di qualità realizzato dall’intera comunità nel possedere uno degli stadi più belli e coinvolgenti d’Italia.

Il cielo toccato con un dito per diecimila spezzini, molti dei quali con le lacrime agli occhi all’udire nuovamente le note dell’inno storico ‘Si può fare’ che, con lungimiranza, i dirigenti dell’area marketing e comunicazione, recependo l’invito lanciato da La Nazione, hanno rispolverato. Una meraviglia, al pari delle immagini da pelle d’oca andate in onda sul mega schermo in contemporanea all’inno ‘Non siete soli’. I gol strepitosi di Pio e Aurelio hanno completato l’opera di una giornata da ‘Picco’, con migliaia ad abbracciarsi, a urlare, a piangere, a gridare la spezzinità e un D’Angelo "uno di noi", con le lacrime agli occhi al gol di Peppe "perché sono felice, quando rendo la gente felice". Chapeau vecchio, caro, amatissimo ‘Picco’, inesauribile contenitore di emozioni, casa di tutti gli spezzini.