"Indossavo questo. Una maglietta bianca, di cotone a maniche corte con lo scollo rotondo. Era infilata in una gonna di jeans che arrivava appena sopra il ginocchio. Con una cintura. E poi orecchini d’argento. E un lucidalabbra. Questo era quello che indossavo quel 4 luglio. Vedete questa domanda mi è stata fatta molte volte. Se solo potessimo porre fine agli stupri cambiando i vestiti. Ricordo anche cosa indossava lui quella notte, in verità però questo nessuno me lo ha mai chiesto". Si è aperto così, con la poesia-monologo "What I was wearing" di Mary Simmerling scritta nel 2013 dall’autrice statunitense, per "incidere" in versi il dramma dello stupro subito nel 1987, e interpretata dall’attrice spezzina Susanna Sturlese che, così "ha dato voce, corpo e cuore a quelle tante donne a cui sono riusciti a togliere la voce, il corpo, e soprattutto il cuore", l’iniziativa organizzata dal Coordinamento donne Cgil La Spezia insieme al coordinamento regionale donne Spi Cgil e con il fondamentale contributo di Amnesty International; per inaugurare la mostra itinerante "Com’eri vestita" che ha fatto tappa alla Spezia, nei locali dello spazio Sunspace di via Sapri da lunedì scorso. A una settimana esatta dal 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Filo conduttore della suggestiva esposizione è un’idea da demolire: quella che la donna debba essere chiamata a rispondere, come corresponsabile, dei traumi che lei stessa ha subito con la violenza sessuale. Dopo i saluti di Luca Comiti, segretario generale Cgil la Spezia, a presentare l’evento è stata Roberta Della Maggesa, caposervizio de La Nazione della Spezia che ha condotto e guidato gli interventi di Francesca Tarantini, coordinamento donne Cgil La Spezia, Valentina Bosello, vice referente Amnesty la Spezia, Francesca Bisiani, responsabile circoscrizionale Amnesty Liguria e Isa Raffellini, coordinamento regionale donne Spi Cgil.
"Tutte donne – ha precisato Roberta Della Maggesa – impegnate a smantellare i pregiudizi del sistema del pensiero patriarcale, humus nel quale affondano le radici della violenza di genere". A seguire, moderato dalla stessa Roberta Della Maggesa, il dialogo tra Alba Bonetti, presidente nazionale Amnesty International e Lara Ghiglione, segretaria confederale nazionale Cgil, che è partita dalla scuola: "La violenza – ha esordito Ghiglione – è generata da una matrice culturale che oggettivizza e marginalizza le donne. Solo attraverso la cultura e l’educazione possiamo provare a contrastarlo, prevenirlo. Noi riteniamo che il luogo di questa educazione debba stare all’interno del percorso scolastico ordinario, non necessariamente normando ore specifiche ma semplicemente parlandone. Così come è fondamentale parlarne anche nei consultori e nei luoghi di lavoro. L’Istat lo scorso anno ha rilevato che 2 milioni di donne nell’arco dai 24 ai 70 anni sono state almeno una volta nella loro carriera lavorativa vittime di molestie, e questo, a nostro parere, è un dato sottostimato". Bonetti pone invece l’accento sull’importanza del linguaggio che considera primo mattone su cui si costruisce la discriminazione contro le donne.
"Ci sono delle differenze di significato – spiega Bonetti – che noi attribuiamo alle stesse parole, se si tratta di uomini o di donne. Spesso infatti si sente l’esortazione di rinforzo ’sii uomo’ mentre per le donne mai si sente il corrispettivo "sii donna" senza che abbia un’accezione di seduzione". Ma proprio nel linguaggio sta la possibilità di un primo cambiamento. "Si deve uscire – conclude Bonetti - da questo utilizzo inerziale cominciando a scegliere di usare le parole che assomigliano di più ai nostri valori e al mondo che vogliamo. In Europa è cambiata la legge già per 17 paesi, in Italia invece non si parla del fatto che non c’è consenso all’atto sessuale che è invece l’unica dirimente per dire se c’è stato o no lo stupro. L’ unico reato al mondo in cui a vergognarsi è ancora la vittima e non il colpevole".
Alma Martina Poggi