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Uno slalom per trovare la vetrina: "Incastrata tra le sedie di un bar e i tavoli di una pizzeria al taglio"

Ottantamila euro di investimento per realizzaze ampie finestrature sulla facciata. Poi l’amara sorpresa. Titolare di una gioielleria e negoziante di lunga data: "Ma oggi spero che i miei figli facciano altro"

Uno slalom per trovare la vetrina : "Incastrata tra le sedie di un bar e i tavoli di una pizzeria al taglio"

La Spezia, 30 gennaio 2024 – "Nessuno ha voglia di fare lo slalom tra i dehors, così la mia vetrina non la guarda più nessuno". È combattiva, ma anche profondamente amareggiata, Angela Torroni, al timone della gioielleria Macò 1950 di corso Cavour. "Sono letteralmente incastrata – spiega – tra i tavolini di una pizzeria al taglio e le sedie di un bar. La norma prevederebbe una distanza minima di un metro e mezzo ma io mi ritrovo con 80 centimetri scarsi da ambo i lati".

Si sarebbe portati a pensare che tutto questo alzarsi e sedersi di gente a pochi millimetri dall’uscio del negozio porti un incremento del volume delle vendite ma la realtà è un’altra. "Prima le persone, anche quando camminavano distrattamente per la strada, appena transitavano vicino alla mia vetrina giravano gli occhi". Il luccichio dell’oro e dell’argento e i colori vivaci delle pietre dure attiravano quasi istintivamente lo sguardo dei passanti, tanti acquisti nascevano così. Un catenina per la fidanzata, un anello per la moglie, un paio di orecchini per la mamma: regali a volte programmati per ricorrenze come anniversari e compleanni, a volte nati spontaneamente per un’immagine che impressionava il nervo ottico. "Mi sono sempre molto dedicata all’allestimento della vetrina perché per la tipologia di merce che vendo è determinante. Quando mi sono trasferita da via Chiodo avevo notato questo fondo che aveva le caratteristiche di spazio che cercavo. L’unico difetto era la mancanza di una facciata con ampie finestrature. Per realizzarle ho investito tutto quello che avevo, ottantamila euro. E il fondo non è mio, pago 2.500 euro di affitto. Essendo ora stritolata da due dehors a cosa sono valsi tutti gli sforzi fatti?"

E in effetti, mettendosi con le spalle verso la banca che fa angolo con piazza Beverini, si ha proprio l’impressione che le due verande abbiano un effetto-barriera. Quei metri di tavolini recintati che sporgono sulla via tengono inesorabilmente chi passa lontano dalla vetrina, e Angela che si sporge sulla porta non può che guardare con rammarico tanti potenziali clienti che sfilano via veloci sull’altro lato della careggiata. Angela Torroni è nata commerciante e non demorde ma guarda al futuro per la prima volta con incertezza. A soli tre giorni di vita il padre la portò in negozio, e tutto era cominciato prima della guerra con la bisnonna Margherita.

"La prima fattura Levis in Italia è stata fatta da mia nonna Maria nel 1950. Il cambio di prodotto lo si deve a mio padre, che aveva sempre avuto il sogno di aprire una gioielleria. Da lui siamo arrivati a me, adoro essere commerciante, anche se comporta fatiche e rinunce perché è un mestiere di sacrificio". Come suo padre anche Angela ha portato i suoi tre figli appena nati in bottega. Quando però ora le dicono che tra qualche anno vorrebbero aiutarla in negozio lei cerca di farli desistere. "Troppe difficoltà e nessuna tutela. Nessuno vuole aiuti o sussidi, solo le condizioni per poter lavorare. Ma queste devono essere garantite". La secondogenita, che ha 13 anni, ha però già detto che vuole studiare design del gioiello. Sembra abbia la stessa determinazione della mamma...

Vimal Carlo Gabbiani