ALMA MARTINA POGGI
Cronaca

Vera, Libera sui monti, ma anche nella vita “Chi era mia madre e perché combatteva”

Membro della Gramsci, la Del Bene raccontata dalla figlia Oretta. “Era una paladina dell’indipendenza, anche tra le mura domestiche. Nei miei figli rivedo lei e i suoi valori: la solidarietà, l’onestà, l’impegno”

Vera insieme a due amiche (a destra, Elena Scarpato) in una foto scattata alla Spezia

Vera insieme a due amiche (a destra, Elena Scarpato) in una foto scattata alla Spezia

La Spezia, 25 aprile 2025 – Vera Ideale Del Bene – questo il suo nome intero, scelto per lei dal padre che lo registrò all’anagrafe del Comune di Levanto nel settembre del 1921 – è ’Libera’. Lo è stata sempre, nella mente e nel cuore. E a raccontare di come è stata davvero ’Libera’ sui monti – quando, poco più che ventenne, con questo nome di battaglia, scelse di arruolarsi nella Brigata Gramsci - Battaglione Maccione, imbracciando le armi assieme ad altri giovani partigiani – sono le interviste che nel tempo ha rilasciato insieme alle fotografie che la ritraggono con quel suo luminoso sorriso. Quello che è proprio di chi ha saputo trovare se stesso e incarnare tutti quei valori in cui fermamente crede.

Ma di come Vera Del Bene è stata Libera anche nella vita, a partire dalla quotidianità familiare, lo racconta Oretta Jacopini: quella figlia da lei così tanto “voluta una volta scesa dai monti” e che oggi è presidente di Anpi La Spezia Centro. “Libera e Vera Del Bene – racconta Oretta Jacopini – sono sempre state una cosa sola. Mia madre infatti è stata libera nel pensiero e nell’agire sin da subito, a cominciare dal fatto che ha sempre lavorato nella sua vita. Finita la guerra infatti è stata assunta, come tanti altri partigiani, all’Arsenale militare della Spezia dove si occupava anche di attività sindacale e politica.

Negli anni ‘60 poi rimane improvvisamente sola e senza lavoro: sotto il governo Tambroni infatti – spiega ancora Oretta – tutti i partigiani comunisti con la qualifica di operaio vennero licenziati in tronco; mentre mio padre, Renato Jacopini (’Marcello’, capo partigiano ndr.), impiegato, fu mandato in esilio alla Maddalena. Con la famiglia ’spezzata’ e senza risorse economiche, mia madre ha saputo rimboccarsi le maniche: ha fatto la barista nel bar del fratello Mauro e ricordo che a Levanto, d’estate, affittavamo le camere della casa di famiglia”.

Ma libera, Vera Del Bene la è anche in quel contesto all’interno del quale ancora oggi è difficile esserlo: quello del focolare domestico. Ha avuto il coraggio, infatti, di separarsi definitivamente da quel compagno che ormai non le corrispondeva più per sposare Franco e creare con lui finalmente la famiglia tanto desiderata. “E’ stata una madre che mi ha sempre sostenuta ma con discrezione, lasciandomi libera in ogni mia scelta. L’ho sempre vista, per esempio, fare attività politica con un’apertura particolare verso i giovani che spesso si riunivano per confrontarsi e discutere le proprie idee a casa nostra, e che lei esortava affinché prendessero in mano la propria vita, partecipando a quella pubblica, sociale e politica. Di contro, con me e con mio fratello minore Fabio apparentemente non è stata altrettanto incoraggiante. Ma forse, a ben guardare, proprio questo suo non interferire era, di fatto, il suo modo di rispettare fino in fondo la nostra libertà. Quella di essere noi stessi. Sono contenta di averla avuta come mamma – confida Oretta – e soprattutto sono contenta del rapporto che ha saputo costruire con i miei figli. In loro rivedo lei e i suoi valori: la solidarietà verso gli altri, l’onestà, il combattere ogni forma di ingiustizia e un impegno forte e costante”.

L’impegno concreto di Vera lo si può toccare con mano ancora oggi al Centro anziani di via Filippo Corridoni che lei, insieme a Carla Rocca Scotti, ha fatto nascere negli anni ‘80 strappando con determinazione una sede all’amministrazione di allora, per riunirvi tutte le partigiane e le anziane dell’Umbertino. Ma la lezione di Vera è soprattutto la lezione di oggi e di domani: “Lei ha saputo trasmetterci fin da piccoli il valore della parità di genere, di come uomini e donne siano tra loro uguali e, per me bambina, questo era la normalità. Mi piacerebbe – conclude Oretta – che le nuove generazioni potessero comprendere che anche una volta le donne avevano una loro personalità e coscienza e che sono state capaci di dimostrarlo scegliendo liberamente, come ha fatto mia madre, la via dei monti: una vita durissima, fatta di sacrificio, fatica, paura, combattimenti. Una vita da partigiano al servizio della libertà”.