ANNA PUCCI
Economia

Arsenale, emergenza personale: «Nel 2024 ci sarà il punto di non ritorno»

L’impegno del capo di stato maggiore della Marina militare Cavo Dragone per il turn over. O si interviene o resterà solo la via delle esternalizzazioni

Il capo di stato maggiore Cavo Dragone con gli ammiragli Pezzutti e Rossi al Comsubin

Le Grazie (La Spezia), 24 settembre 2019 - «MAI DIRE che cadremo senza combattere». Chiaro e determinato, il capo di stato maggiore della Marina militare Giuseppe Cavo Dragone parla dell’emergenza della forza armata: la carenza di personale, civile e militare. Assicura il proprio impegno e indica la dead line: l’anno 2024 sarà il punto di non ritorno per assicurare il ricambio generazionale alle maestranze arsenalizie. Lo ha fatto ieri, rispondendo ai giornalisti a margine della cerimonia per il passaggio di consegne alla guida del Comando subacquei e incursori del Varinagno tra gli ammiragli Paolo Pezzutti, uscente, e Massimiliano Rossi, entrante. Ammiraglio Cavo Dragone, condivide la preoccupazione dei sindacati per la carenza di addetti nell’arsenale? «La preoccupazione non tocca solo l’arsenale della Spezia. Se le cose non cambiano, se resta questo blocco del turn over, tutto il know how sviluppato con anni di lavoro andrà perso, dovremo andare a cercare altrove questo tipo di capacità e sarà la dissoluzione di un connubio vincente tra le maestranze arsenalizie e il personale militare». Rassegnato? «Mai, assolutamente. Mai dire che cadremo senza combattere. E un mantra che porto con me in tutte le occasioni: ho parlato alle commissioni parlamentari, continuerò a stressare, dobbiamo invertire questa tendenza che condannerebbe le eccellenze professionali arsenalizie che ci sono sempre state invidiate. Personalmente non mi rassegno». Ci sono spiragli concreti o è una battaglia è tutta da costruire? «Ho parlato al ministro della difesa che ha compreso la portata del problema. Credo che sia in agenda. Dai sindacati mi aspetto che ci sia un fronte comune». Avete calcolato tempi e fabbisogno? «Dico solo che, se le cose non cambiano, nel 2024 saremo al punto di non ritorno. Fra 4 anni sarà il momento in cui non potremo più tornare indietro, dovremo fare scelte per me anacronistiche». L’alternativa forzata sarebbero le esternalizzazioni? «Non la voglio affrontare in questi termini perché ripongo buone speranze nel poter invertire questa tendenza». L’emergenza tocca solo il comparto civile? «Il nodo personale riguarda l’ambito arsenalizio e quello militare. La legge 244/2012 prevede che noi marinai si scenda a 26.800 unità entro il 2025 e anche questo ci farà stallare: non è assolutamente possibile, con questo numero, poter assolvere ai compiti che abbiamo. La 244 è stata fatta in un contesto differente, ora le cose sono cambiate e con meno di 30mila uomini non possiamo portare a termine i nostri compiti istituzionali». Senza uomini non si va da nessuna parte ma c’è anche un problema di strutture. La base navale spezzina ha un patrimonio di aree e capannoni sotto utilizzato. «Il problema è già all’attenzione. Abbiamo un piano di intervento, chiamiamolo piano regolatore, in fase di approvazione che deve prevedere il ripristino di queste strutture perché non vadano perse. Presumo che possa essere una mossa vincente cercare di esternalizzare, dare qualche area in gestione a chi possa essere interessato a occuparla. Questa osmosi con il mondo civile per me è fondamentale, per me il vero dual use della forza armata è questa capacità di interagire. Magari su archi temporali determinati, possono essere 5, 10, 30 anni: perché non dare in concessione quello che a noi non serve più e avere in cambio qualcosa che ci possa aiutare?». Ci sono trattative sul possibile affidamento a privati di aree della Marina? «Sicuramente ci stanno lavorando, i comandanti territoriali hanno come priorità questo aspetto perché è manna dal cielo anche per noi, non è una concessione ma uno scambio paritetico che credo vada a vantaggio di tutti». Pensa ad aziende della nautica? «Vediamo, siamo aperti a qualsiasi tipo di collaborazione che possa fornire vantaggi paritetici a industrie italiane e a noi».