La Spezia, 4 giugno 2023 - Ristoranti aperti a orari ridotti, una soluzione quasi da “ultima spiaggia“ per un settore da tempo in affanno nella ricerca di personale. Altri fanno autentici salti mortali per riuscire a garantire la normale apertura. "Il problema della mancanza di forza lavoro risiede a monte. Da Monterosso a Porto Venere oggi si trovano decine di locali con organico ridotto. Addirittura c’è chi, non potendo contare su cuochi o camerieri con un minimo di esperienza, deve tenere chiuso". A dirlo è Antonella Cheli, titolare dell’Osteria del Carugio e della pizzeria Il Timone a Porto Venere e vice presidente di Confartigianato che nei giorni scorsi è stata intervistata dal Tg2 in due differenti edizioni. La Cheli non è stata certo la prima a lanciare questo allarme. Il suo intervento è anche la voce di una categoria preoccupata per un mestiere di cui lentamente si potrebbe perdere memoria a livello sociale.
"Durante il Covid al settore ristorativo non è stata data la certezza della riapertura... per questo le persone che abitualmente facevano la stagione hanno traslocato in altri settori. Così sono andati a lavorare in ambiti diversi come la cantieristica oppure in quei mestieri legati ai servizi alla persona e all’assistenza. Ecco quello è tutto personale che è venuto a mancare, che non è più tornato".
Per la Cheli si è ormai ben lontani dall’immagine patinata proposta da programmi come Masterchef – "Sia chiaro non ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, siamo tutti sulla stessa barca. Si è passati dall’immagine in cui la ristorazione diventa la Mecca, il ritiro felice per tutti, alle denunce di ‘schiavismo’ verso il nostro settore.... perché prima di assumere un ragazzo lo si prende per un periodo in prova, per capire se sa stare al pubblico e se saprà reggere il ritmo di lavoro quando il fine settimana si fanno turni lunghi". Per la ristoratrice a fare la differenza anche la pandemia e la possibilità di scelta che arriva dalle opportunità della cantieristica. "Adesso i giovani hanno più opzioni fra cui scegliere La nostra è una piccola ‘industria artigianale’ che richiede 8-9 mesi l’anno di lavoro, ma con ritmi importanti. Con il Covid tutti hanno cominciato ad apprezzare il maggiore tempo a disposizione, i giovani vogliono lavorare meno, avere più tempo. Ci siamo trovati ad offrire a camerieri molto giovani un contratto full-time da 2000 euro nette al mese. I giovani preferiscono il part-time." Oppure uno stipendio su cui contare per tutto l’anno... Gli aspetti possono essere molteplici, e allora quali le soluzioni? Secondo la ristoratrice la barra del timone va tenuto sulla qualità della formazione e soprattutto – "Saper fare già a scuola. Creare nuovi bonus formativi significa fare sì che lo stage che un ragazzo effettua presso un albergo o un ristorante, sia il vero completamento del suo percorso, e non uno specchietto per le allodole" Ed è partendo da questo punto di vista che la Cheli ha aderito al protocollo stretto da Confartigianato con l’Istituto alberghiero Casini anche se, secondo lei, "l’unica esperienza altamente formativa in zona è l’Alma a Colorno a Parma dove a scuola fai due turni, come realmente succede nel mondo del lavoro. Sei un pasticcere? Il primo turno inizia alle 5 di mattina..".
Potrebbe essere davvero questa la soluzione? Certamente come sottolinea la Cheli – "Tuttavia le nostre professioni, quelle legate alla preparazione della materia prima, alla cucina, all’organizzazione della sala e del servizio, sono fondamentali. Le persone, con le loro qualifiche professionali e la loro esperienza a livello umano, sono il vero motore dell’industria ricettiva. Il nostro è un mestiere fatto di sudore e fatica tutti valori che, soprattutto qui nello spezzino, non possiamo permetterci di perdere. Soprattutto oggi che i numeri del turismo tornano a salire"
A.M.Z.