
Agudelo in azione contro la Juventus
La Spezia, 22 febbraio 2023 – Kevin Agudelo è diventato un punto fermo delle Aquile e pur essendo ancora alla ricerca del primo gol della stagione, dopo quelli importantissimi realizzati nelle precedenti, vuole dare il suo contributo alla conquista della salvezza. Nei giorni scorsi ha rilasciato una lunga intervista al quotodiano spagnolo As e a Mondo As per il Sudamerica, della quale riportiamo alcuni temi, raccontati al collega Mirko Calemme. Agudelo è contento per aver trovato alla Spezia quello che cercava: fiducia e continuità.
Ottenere la salvezza in Serie A è sempre più difficile.
«Ogni anno di più. Guarda cosa è successo l’anno scorso con la Salernitana, che sembrava spacciata e poi ha compiuto l’impresa. Noi abbiamo una squadra per raggiungere l’obiettivo e lotteremo fino alla fine, su questo siamo molto chiari».
Come ti ha cambiato il calcio italiano?
«Sono cresciuto fisicamente, ma soprattutto ho una mentalità molto più tattica. Quando sono arrivato ero un 10, ho scommesso tutto sulla mia tecnica. Lavorando qui ti obbligano a essere molto applicato, gli errori tattici costano sempre punti».
La Serie A non è più solo catenaccio…
«Sì, ci sono tante squadre che sanno chiudere dietro, in modo aggressivo, ma anche giocare bene il pallone. Sanno alternare un blocco basso e giocare con qualità. L’ultimo esempio è l’Empoli, che si è ritirato quando avevamo palla ed è uscito bene in attacco. Con Sassuolo, Monza, Torino e diverse altre succede la stessa cosa».
Con Gotti hai giocato in vari ruoli. Quale preferisci?
«Mi sono sempre sentito più a mio agio, come si dice qui, da trequartista. Nel calcio italiano e con gli allenatori che ho avuto abbiamo giocato con il 4-3-3 e il 3-5-2, ho dovuto adattarmi. Non mi dispiace».
Il numero 10 dello Spezia è indossato dal napoletano Daniele Verde, con il quale hai un legame speciale.
«Ci capiamo molto bene dentro e fuori dal campo. Continua a insegnarmi il napoletano e lo sto imparando piano piano, ma è molto difficile (ride). Ultimamente, contro il Napoli, gli ho negato un pallone che poteva essere gol e lui si è un po’ arrabbiato con me. Mi ha detto ‘come pensi di calciare con il piede destro?’, poi abbiamo riso e lui ha capito che volevo davvero sbloccarmi davanti alla porta. Fino a quando non mi toglierò questo dalla testa…».
Hai raccontato molte volte la storia del suo soprannome, ‘Toto’, che veniva da suo zio. Ti è rimasto in Italia?
«No, qui è cambiato molto. Mi chiamano ‘papi’ o ’papito’... Quando sono arrivato non conoscevo molti nomi e ho detto ai miei compagni: ‘papi’, dammi la palla!’ È piaciuto a tutti e mi è rimasto impresso: adesso mi chiamano sempre così».
Nelle tue quasi tre stagioni allo Spezia, il suo momento migliore è stato a San Siro.
«Certo. L’anno scorso vincemmo al Meazza contro il Milan e anche con un mio gol. Non mi stanco mai di vederlo, al di là di come è arrivato, con una grande giocata collettiva. La verità è che sono sensazioni inspiegabili, un sogno che diventa realtà. Spero di poterlo ripetere».
Grandi rivali in Serie A. Chi ti ha impressionato di più?
«Per me è difficile sceglierne uno. A centrocampo ho incontrato Barella, Kessie, Zielinski... Affrontare Barella, per esempio, è sempre un’emozione. Togliergli palla è molto difficile, ogni volta che devo giocare contro di lui so che sarà una grande battaglia».
Qual è il tuo più grande sogno?
«Oltre alla Nazionale, a lungo termine ho voglia di giocare in Champions League. Spero non passi troppo tempo...».