La Spezia, 13 ottobre 2024 – Calcio ma non solo. A tu per tu con mister Luca D’Angelo, un gigante buono entrato nel cuore degli spezzini. D’Angelo, il 26 luglio 1971 nasceva a Pescara.
Ci parli della sua famiglia.
"Mia mamma Flora ha 85 anni, una donna straordinaria alla quale mi ispiro. Dopo la scomparsa di mio papà Nicola quando io avevo solo 6 anni, lei sostenne grandi sacrifici per me e mio fratello Carmine, non ci fece mancare nulla. Ogni volta che torno a Pescara la vado ovviamente a trovare e, in un colpo solo, distruggo tutti i sacrifici culinari, approfittando degli ottimi piatti che mi cucina (ndr. ride)".
Che scuole ha frequentato?
"Ragioneria, ma non è stata una scelta mirata al futuro. Ho sempre avuto l’idea di fare il calciatore".
In quale quartiere è cresciuto?
"Sono nato in via Aterno, un quartiere popolare non semplice, lontano dal centro di Pescara. Io ero parte di un gruppo molto unito di amici, una cinquantina di persone che tutt’ora continua a sentirsi a distanza di anni. Un’adolescenza tranquilla, mi sono sempre sentito molto protetto".
Poi l’incontro con sua moglie.
"Ho conosciuto mia moglie Grazia al mare a Pescara nel 1999; quest’anno sono 25 anni che stiamo insieme. Siamo stati fidanzati un anno e poi ci siamo sposati. Mia moglie è un avvocato, una donna molto forte e fondamentale per me. Ho due splendide figlie: Nicole di 21 anni, che studia Economia e Maria Sole di 11 anni che frequenta la prima media. Siamo una famiglia felicissima".
Pescara sempre nel cuore.
"Sono legatissimo alla mia città, è il mio buen ritiro nel quale ritrovo un po’ di tranquillità".
Hobby?
"Sono un divoratore di cinema e mi piace tantissimo leggere, a partire dai quotidiani, passando per i libri improntati all’attualità".
Legge i giornali anche per ciò che riguarda lo Spezia?
"Sì se la partita va bene, meno quando le cose non vanno per il verso giusto perché voglio evitare di farmi condizionare dalle critiche".
Il suo piatto preferito?
"Servirebbero tante pagine di giornale per elencarli... Dico, comunque, lasagna e pasta e fagioli".
Qual è l’aspetto più bello del suo carattere e quello, invece, che vorrebbe correggere?
"Sono una persona che affronta le cose con grande ironia, anche se sembro serio. Mi arrabbio pochissimo, non sono permaloso o rancoroso. Ma non sono il massimo della socialità, sono di poche parole, specie se non conosco le persone. Di sicuro sono una persona educata".
Lei dice che non può essere amico dei giocatori, perché?
"Io ho una rapporto molto forte con i giocatori, cerco di stare loro vicino anche dal punto di vista umano, mi informo sulla loro vita. Loro sanno che possono contare su di me, però l’amicizia non la vedo, l’allenatore non si può fare condizionare dall’affetto. E poi c’è una differenza di età che ci distanzia".
Le sue idee di sinistra?
"Non le nascondo, la mia famiglia proviene da quell’ambiente. Esprimo le mie opinioni nel rispetto di quelle degli altri, ho amici di tutti i fronti".
Il soprannome Omone le è stato coniato a Pisa?
"Sì mi è stato dato nella città toscana. Tra orso e omone non vedo grande differenza, non sono un tipo filiforme (ndr. ride)".
Si dice sia scaramantico.
"È vero, lo sono, come lo sono tutti nel calcio".
Dopo quasi un anno che idea si è fatto degli spezzini e di Spezia?
"La gente spezzina è legata moltissimo alla propria città e alla propria identità. Gli spezzini sono felici di essere spezzini, hanno uno spiccato senso di appartenenza, un tratto molto bello di una comunità. Spezia mi pare, poi, una città molto accogliente, vedo tantissime persone con culture diverse. Ho letto, a riguardo, che Spezia è porta di Sion".
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