ILARIA GALLIONE
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Serie A, Champions e... Amegliese. Coda: "Divertirsi come in famiglia"

La grande esperienza da calciatore del nuovo tecnico dei rossoneri. "I più forti di tutti? Eto’o e Cassano"

Andrea Coda tecnico e giocatore dell’Amegliese, a destra con la maglia dell’Udinese

Andrea Coda tecnico e giocatore dell’Amegliese, a destra con la maglia dell’Udinese

Nel duplice ruolo di allenatore-giocatore Andrea Coda alla guida dell’Amegliese (Prima Categoria), cui metterà a disposizione la sua esperienza di ex calciatore di serie A con presenze anche nelle coppe Europee. Difensore classe ’85, partito dal Poggioletto Massa, è poi cresciuto nel vivaio dell’Empoli con cui ha debuttato in A per giocare poi con Udinese, Parma, Livorno, Sampdoria e Pescara, prima di decidere di venire ad Ameglia a concludere la sua brillante carriera con i rossoneri.

Com’è nata la decisione di salire al timone della squadra?

"Le dimissioni dei due tecnici, Giorgini e Borghini, hanno sorpreso tutti. Con il presidente abbiamo optato per questa soluzione, visto che ho il patentino Uefa B. A darmi una mano ci sarà Roberto Canciello, mio amico e storico capitano della squadra".

Pensa che sarà complicato gestire il duplice ruolo?

"Non sarà un compito facile, anche se, essendo già dentro la gara, probabilmente riuscirò a leggere meglio certe situazioni. E’ fondamentale essere un bel gruppo, con una società sana che è una vera famiglia. Il trucco è far capire a tutti che devono essere collaboratori per contribuire al bene della squadra. Per esempio ho dato la fascia da capitano a Michelangelo Baldini e ho incaricato del riscaldamento Daniel Benassi, che fa anche il personal trainer. Sto cercando di coinvolgere tutti i miei giocatori".

Cosa le ha chiesto la società?

"La società è molto tranquilla. L’obiettivo principale è di mantenere la categoria, provando comunque ad arrivare ai playoff".

Con un passato come il suo quale ricordo le è rimasto più impresso?

"In realtà sono tanti. Tra tutti il passaggio dalla B alla A con l’Empoli e la salvezza l’anno successivo. Poi gli anni d’oro ad Udine. Al tempo avevo 21 anni ed ho imparato tanto dai mister Guidolin e Marino. Partecipare ai preliminari di Champions League è stata una grande emozione. Anche a Parma sono stato bene e lì ho ritrovato il direttore generale Pietro Leonardi. Sinceramente ho attinto da tutte le piazze perché sono espressione di culture diverse. Anche le retrocessioni formano, come successo a Livorno".

Quale allenatore le ha insegnato di più?

"Somma ha creduto di più in me perché avevo solo 19 anni e mi ero appeno affacciato al calcio professionistico. Ho comunque stima per tutti i tecnici che mi hanno allenato perché tutti mi hanno lasciato qualcosa, come Guidolin con il quale c’era una bella unità d’intenti. Negli anni ho capito che non esiste l’allenatore perfetto, ma sono riconoscente a tutti perché mi hanno permesso di prendere utili spunti, per esempio come stemperare una sconfitta o magari esaltarne una se la prestazione è stata brillante".

Tra i compagni chi ricorda con maggiore affetto?

"Ho legato con tanti, ma soprattutto con Pinzi, Domizzi, Biraghi e Di Natale, uno dei giocatori più forti tra quelli incontrati con cui ho condiviso parecchi anni all’Udinese".

Chi oltre a Di Natale ti ha impressionato di più?

"Eto’o e Cassano, entrambi fortissimi. Come difensori Benatia aveva ben pochi rivali".

Ilaria Gallione

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