
Gambino
Lucca, 5 aprile 2018 - Dodici anni e otto mesi di reclusione per omicidio volontario. Questa la pena stabilita ieri dalla Corte d’appello di Firenze nei confronti di Andrea Gambino, il giovane che nell’agosto 2015 massacrò nel sonno a colpi di casco il padre Giuseppe di 67 anni. I giudici fiorentini hanno ridotto dunque la condanna a 14 anni inflitta in primo grado, in rito abbreviato, dal gup Riccardo Nerucci nell’ottobre 2016. Accolte le richieste degli avvocati difensori Irene Braca e Francesco Virgone che si erano appunto rivolti alla Corte d’appello per vedere ridotta la pena. In particolare è stata riconosciuta la seminfermità mentale. All’udienza di ieri mattina ha partecipato anche il giovane, oggi 23enne e rinchiuso nel carcere di Massa. Una vicenda choc che aveva suscitato anche reazioni contrastanti all’epoca, soprattutto per la delicata situazione familiare nel quale era maturato il delitto. Lo stesso pm Lucia Rugani, titolare dell’inchiesta, all’epoca aveva chiesto «solo» 11 anni di reclusione, concedendogli anche le attenuanti generiche. Andrea quella notte agì in preda al feroce rancore che provava verso il padre, ritenuto colpevole di aver maltrattato la madre Rossana e una sorella - Rosalia -, entrambe morte per gravi malattie poco tempo prima. Quel 17 agosto 2015, secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti, Andrea, al ritorno da una serata con amici, sorprese il padre Giuseppe nel sonno nell’abitazione di via della Grotta 451 a Saltocchio e lo aggredì subito, cercando di strozzarlo. Non riuscendo nell’intento, afferrò il casco integrale da motociclista e lo colpì ripetutamente alla testa, causandogli gravissime lesioni: un’emorragia cerebrale e un vasto ematoma sottodurale. L’uomo, 67 anni, pensionato dell’ex Italzinc di Ponte a Moriano, finì subito in coma e morì dopo un’agonia di venti giorni. Il figlio sul momento inscenò una rapina da parte di sconosciuti. Ma la sua versione non fu creduta e ben presto ammise le sue responsabilità. I carabinieri lo arrestarono il giorno stesso per tentato omicidio. «Soffriva molto per la situazione che si era creata in casa...», raccontarono gli amici di «Gamba». Era sconvolto dalla perdita della madre Rossana, alla quale era legatissimo e dalla morte della sorella. Viveva da solo col padre, con il quale litigava spesso anche per le continue richieste di soldi del genitore. «Con mia madre e mia sorella – aveva dichiarato nell’udienza di convalida dell’arresto davanti al gip - si comportava male, le ha fatte soffrire. Mentre a me faceva pagare le bollette...». Quella sera era esplosa tutta la rabbia devastante che aveva accumulato negli anni. Era rimasto solo, troppo solo con le sue paure e le sue difficoltà. Ora Andrea in carcere è seguito da psicologi e sta recuperando piano piano. Potrebbe anche uscire tra un po’, se verrà trovata per lui una sistemazione adeguata.