
La Toscana cambia colore e per i locali pubblici tornano i problemi. Bar e ristoranti chiusi sia a pranzo che a cena. La formula dell’asporto sembra essere l’unica soluzione possibile per evitare una chiusura totale capace di creare ulteriori complicazioni a una situzione già di per sè critica. L’andamento del virus nelle ultime settimane era il preludio di decisioni ancor più stringerti da parte del Governo, nonostante i titolari dei pubblici esercizi provassero a scongiurare l’idea dell’entrata in vigore di normative più restrittive.
A Lucca dilaga un sentimento di rassegnazione per quella che, secondo l’opinione di molti, era una conseguenza obbligata dell’aggravarsi dell’emergenza sanitaria. Le maggiori difficoltà per i titolari di bar e ristoranti riguarderanno non solo una condizione di semi-chiusura, ma anche e soprattutto la minore quantità di persone presenti nelle vie della città. La zona arancione limiterà molto anche la circolazione dei cittadini. Nonostante questo però, la volontà di mantenere aperte le proprie attività rimane la prerogativa principale. Tra asporto e consegne a domicilio (in particolare per quel che riguarda il pranzo), il tentativo di non abbassare la saracinesca è un obiettivo condiviso da molti titolari della zona.
Marco Chiocca, titolare del Caffè del Mercato di piazza San Michele racconta: "Da domani proveremo a fare l’asporto, togliendo ovviamente tutti i tavolini fuori e permettendo alle persone di entrare una per volta per prendere ciò di cui hanno bisogno e andare via". Un’alternativa alla quale era già ricorso nel periodo estivo, ma che adesso sembra promettere ancor meno risultati. "Non credo di riuscire ad arrivare alle 18 - continua Chiocca - per il semplice fatto che il lavoro è più concentrato nei momenti della colazione e del pranzo. L’idea era quella di non aprire per la formula dell’asporto, ma alla fine ho deciso di darmi una settimana di prova e vedere come va. Se vedrò persone assembrarsi davanti al locale, non rispettando le misure di sicurezza sarò il primo a chiudere".
Stessa decisione anche per la Pasticceria Taddeucci aperta solo per l’asporto. "C’è rassegnazione, anche se ci aspettavamo che andasse così. Punteremo molto sulla vendita dei prodotti che abbiamo in negozio, nonostante la poca circolazione delle persone inciderà sul commercio". A parlare è Giacomo Fanucchi, figlio della titolare; il quale aggiunge come la chiusura totale dell’attività sia l’ultimo scenario possibile: "Vogliamo poter pagare i dipendenti e mandare avanti la pasticceria. Sicuramente non avremo grossi guadagni, ma in questo riusciremo almeno a pagare i fornitori e mantentere per così dire stabili le entrate, nonostante le perdite negli ultimi mesi siano stati notevoli".
Per il Caffè Ninci il destino è il medesimo. Gabriele Ninci, proprietario del bar, punterà molto sulla parte di torrefazione (attiva anche nel periodo di lockdown), senza tralasciare la vendita tramite asporto dei prodotti da banco. "Era scontato che si arrivasse a questa situazione. Queste nuove misure ci trovano pronti perchè già in primavera ci eravamo organizzati sia per l’asporto che per le consegne a domicilio. Fortunatamente la vendita dei nostri prodotti come caffè, tè e biscotti ci ha sempre permesso di portare avanti la nostra attività nonostante le varie restrizioni".
Infine c’è chi come Fabio Bernicchi, titolare del Plaza Restaurant Bar, prova a introdurre nuove forme di vendita con l’idea di mantenerle anche nel post-Covid. "Abbiamo fatto un’applicazione - spiega Fabio - dedicata alle prenotazioni di pranzi e cene con consegna a domicilio. Mi ero portato avanti con il progetto perchè sapevo che saremmo andati in questa direzione. È la prima volta che proviamo sia questa formula che l’asporto e non so come andrà. Sicuramente è un lavoro minimo, ma credo sia importante continuare a offrire un servizio e far vedere che noi ci siamo nonostante questo difficile momento".
Chiara Caravelli