In campagna non c’era famiglia che non ne traesse beneficio. Fino agli anni Trenta del Novecento, ma anche oltre, la bachicoltura è stata un’attività tipica delle famiglie contadine, uno dei sistemi più remunerativi per arrotondare il magro bilancio familiare, una tradizione, durata secoli, di cui purtroppo si è persa traccia con l’avvento della filatura moderna. Eppure l’economia lucchese e il diffuso benessere di cui in ogni tempo ha goduto, era derivato in gran parte dal successo della preziosa seta lucchese sui mercati di tutto il mondo.
Inizialmente importando il prodotto greggio dall’Oriente per lavorarlo secondo meticolose e segrete procedure all’interno delle Mura cittadine per poi rivenderlo alle fiere più grandi e poi, invece, producendo direttamente la seta, diffondendo sul proprio territorio l’allevamento del baco da seta, per avere sempre a disposizione la materia prima.
Fu grazie alla seta che tante famiglie lucchesi arrivarono a possedere ingenti patrimoni, dando lavoro a tante persone. Si calcola che in città nel Quattrocento esistessero più di tremila telai che davano lavoro a circa 12.000 persone. Erano soprattutto i segreti del mestiere, l’arte dei suoi esperti artigiani, a conferire ai drappi di seta lucchesi il tocco dell’unicità, impreziositi di decorazioni, soprattutto di animali, leoni e aquile in testa, con colori unici e durevoli, che si conquistarono estimatori in ogni parte del mondo. Il prodotto lucchese era più durevole, più appariscente nei suoi colori e decorazioni e non soffriva di plagi. Nonostante i tanti tentativi di copiatura, nessuno era bravo come gli artigiani lucchesi.
Lucca, già crocevia dei pellegrini, punto di passaggio obbligato per chi voleva attraversare l’Italia e grazie ad un’accorta politica commerciale, riuscì a stipulare preziosi accordi con i comuni di Genova e Modena per ottenere per i suoi mercanti esenzioni daziarie e facilitazioni nei trasporti per far approdare la seta sui mercati di tutto il mondo. Tutto ciò richiedeva un’organizzazione molto complessa che venne affidata alla Corte dei Mercanti che dettagliò minuziosamente regole di lavorazione, obblighi e sanzioni per chi non le rispettava e soprattutto il rispetto del divieto di esportare i segreti di quella lavorazione. Ma con il passare del tempo, le lotte intestine, le guerre e alla fine anche l’esodo religioso, portò lontano dalla città tante persone che si affrettarono a far attecchire il loro mestiere, ovunque si fermassero, facendo nascere una ferrea concorrenza.
Iniziò così il declino e già a metà Settecento si contavano poco più di trecento telai in funzione, ma nelle campagne la bachicoltura continuava ad avere un senso. I gelsi, le cui foglie erano il principale cibo dei preziosi bachi, si trovavano dappertutto. Nelle case, la sala, la principale stanza, era riservata all’allevamento dei voraci bachi che andavano alimentati continuamente fino alla maturazione, per poi attendere la realizzazione del bozzolo. Un ciclo continuo e virtuoso per tante famiglie che fino agli anni Trenta alimentò il mercato dei bozzoli nel centro e per le vie di Lucca.