
L'assessore alla cultura Martina Cagliari e il professor Antonio Fornaciari
Altopascio (Lucca), 15 agosto 2019 - Una nuova foresteria, che verrà inaugurata il 7 settembre, per ospitare i pellegrini in transito sulla via Francigena, caccia ai finanziamenti per il restauro dell’antica Abbazia e progetto per un museo. E’ quanto accadrà a Badia Pozzeveri, frazione di Altopascio, nella Piana lucchese, dove è presente uno degli scavi archeologici più importanti d’Italia.
Inoltre, è venuta alla luce una scoperta clamorosa. Ritrovata una piccola spada, un pugnale, definito baselardo nell’armamento medievale, tipico dell’esercito fiorentino. La prova definitiva della battaglia di Altopascio del 1325, quando Castruccio Castracani, a capo dei lucchesi, sconfisse i guelfi gigliati che si erano accampati in zona.
«Dal 2011, archeologi italiani e americani lavorano insieme grazie allo scavo, svolto su concessione ministeriale, organizzato dal Comune di Altopascio e dalla Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa sotto la direzione scientifica del dottor Antonio Fornaciari – commentano il sindaco Sara D’Ambrosio e l’assessore alla cultura Martina Cagliari - l’area è sede di due iniziative didattiche di prestigio: il master di primo livello in antropologia scheletrica, forense e paleopatologia, promosso dalle Università di Bologna, Milano e Pisa, che prevede la permanenza sul sito di scavo per due settimane di 15 studenti italiani, e la Fieldschool Pozzeveri Medieval Archaeology and Bioarchaeology, gestita dall’Università di Pisa e da Istituto Bioarcheologia di Columbus, Ohio, che richiama ogni anno studenti statunitensi, canadesi e di altri Stati europei ad apprendere le tecniche di scavo archeologico e di studio dei resti umani antichi».
Molte di queste esperienze sono finite sulle riviste scientifiche più prestigiose, come Science. Nell’XI secolo i resti di una canonica si trasformano, agli inizi del 1100, in una grande abbazia camaldolese. Su questa struttura due i progetti internazionali: il primo riguarda lo studio del patrimonio genetico orale di un campione di individui datati dall’XI al XX secolo, ricostruito partendo da frammenti di tartaro dentario.
Ciò ha permesso di riconoscere e tipizzare i batteri ospitati nel cavo orale della popolazione medievale con una presenza di numerosi batteri ma anche di alcuni ceppi rari che si associano a fenomeni di immunodepressione e a malattie respiratorie. In un monaco camaldolese sepolto nel chiostro è stato identificato un batterio che in genere è in bevande fermentate, come il vino, e che non è stato invece rinvenuto nel patrimonio genetico dei laici. Un’altra ricerca d’avanguardia è stata svolta in collaborazione con l’Università danese di Aarhus: dalle analisi si deduce che gli abitanti della zona avevano un’ottima alimentazione, con buon apporto proteico. Segno che la carne era molto presente sulla loro tavola. Quindi erano benestanti.