REDAZIONE LUCCA

Bartali e Segre: campioni di pace

Due testimonianze di vita esempio per tutti. Lui salvò più di 800 vite, lei riuscì a scampare allo sterminio

Le biografie di due personaggi ci hanno dato una forte testimonianze di vita: quella di Gino Bartali e di Liliana Segre, il primo scomparso proprio 20 anni fa, all’età di 85 anni, la seconda ancora energica nei suoi 90 anni ben portati, senatrice a vita, sopravvissuta alla Shoah. Di Bartali abbiamo incontrato la figlia Bianca Maria con il marito Attilio Bertagni che vivono a Castelnuovo: grazie a loro la sua figura di uomo e sportivo ci è risultata subito vicina.

Della Segre, invece, abbiamo letto ‘‘Fino a quando la mia stella brillerà’’ dove si racconta la sua storia di ragazzina ebrea, allontanata da scuola con le leggi razziali del ‘38, poi deportata a Auschwitz e per fortuna scampata allo sterminio di Hitler. Bartali è stato un campione di ciclismo e ne ha fatto la storia. La prima tappa della sua strepitosa carriera fu la vittoria del Giro d’Italia del 1936, poi ne vinse altri due; campione di 2 Tour de

France e molte altre gare. Allora la bici era pesantissima (lo vediamo dalle foto in bianco e nero che la figlia ci mostra), non c’era l’enervit e per praticare sport il primo sforzo era convincere padri molto severi. Bartali in ciò fu aiutato dal meccanico di biciclette da cui, giovanissimo, lavorava, ma anche dai prosciutti premio delle prime competizioni.

Bartali è stato anche un campione di umanità: fece parte dell’organizzazione clandestina DELASEM per salvare Ebrei dalla deportazione. Fingendo di allenarsi, tra il ‘43 e il ‘44, nascondeva nel telaio della bici i documenti necessari alla falsificazione dell’identità di Ebrei in fuga, collaborando in segreto con il vescovo di Firenze. Ogni giorno percorreva 350 km (Firenze- Assisi, andata-ritorno) per salvare vite umane: ne salvò 800! Questo suo segreto è emerso solo di recente, per questo ripeteva: “Il bene si fa, ma non si dice e certe medaglie si appendono

all’anima, non alla giacca”. Liliana Segre, invece, nel ruolo di vittima, ha ritenuto importante la testimonianza, ma le sono serviti molti anni prima di trovare la voce per darla.

Ricordando la tragedia vissuta vuole evitare il ripetersi di un dramma simile: è una donna costruttrice di pace e ci siamo stupiti nel sapere che oggi vive sotto scorta per via dei messaggi d’odio e delle minacce che riceve. Com’è possibile? Per farle sentire che noi le siamo vicini le abbiamo scritto messaggi di amore ed è stata una gioia ricevere la sua risposta con cui ci ringraziava per ‘gli splendidi e affettuosi biglietti di auguri’. Scrivere in modo positivo dà energia: con le azioni, ma anche con le parole, si costruisce la pace.