REDAZIONE LUCCA

Da bracciante a capo cantina: Bledar, storia di una rinascita

Fuggito dall'Albania in cerca di un futuro migliore, ha ricominciato da Montecarlo

Giancarlo Rossi e Bledar Bullari

Lucca, 30 settembre 2015 - Lavoratori onesti e infaticabili, che a fianco dei «nostri» contribuiscono a dare una marcia in più a tutto quello che la campagna toscana può offrire. Parla tante lingue diverse la nostra agricoltura, da dove passa, forte, l’integrazione e dove ogni diversità non è che un valore aggiunto. Succede anche a Montecarlo, patria della doc lucchese. Nelle aziende che producono vino e olio, infatti, lavorano decine di lavoratori di nazionalità albanese. Tra di loro c’è Bledar ‘Blendy’ Bullari, arrivato in Italia come lavoratore stagionale e riuscito a conquistarsi la fiducia e un posto di lavoro in un’importante azienda agricola, la fattoria Il Poggio.

Entrato come lavoratore-immigrato, 15 anni dopo è capo cantina della fattoria. Con lui oggi lavorano la moglie che si occupa dell’agriturismo, il padre-factotum, il cognato e altri parenti. Otto dei componenti della sua famiglia sono dipendenti a tempo indeterminato dell’azienda. «Sono partito dall’Albania in cerca di un futuro – spiega Bledar –. L’integrazione è stata possibile grazie alla mia volontà e alla pazienza dei titolari. Lavoro ogni giorno per non farli pentire della fiducia che mi hanno dato. Quando ho cominciato sapevo fare nulla o poco: in Albania fino a qualche anno fa la cultura del vino non esisteva. Sono orgoglioso e riconoscente verso la famiglia Rossi che mi ha accolto, mi ha insegnato un mestiere e mi ha permesso di riunire qui la mia famiglia».

La storia di Bledar, 34 anni, è un esempio per tutti gli altri lavoratori agricoli delle colline di Montecarlo e per tutti i 20milalavoratori della Toscana. «Quando vedo in tv le immagini dei migranti che fuggono dal loro Paese rivedo anche la mia storia – conclude Bledar –. Fuggono per disperazione in cerca di un domani migliore. L’Italia ha sempre dimostrato grande umanità e solidarietà. Ne darà dimostrazione anche questa volta». E in Toscana il 28,6% dei lavoratori agricoli parla un’altra lingua: la stragrande maggioranza sono rumeni, seguiti da albanesi e marocchini. A dirlo è Coldiretti Toscana sulla base dei dati del Dossier Caritas e Migrantes secondo cui i lavoratori stranieri sono sempre più decisivi per molti comparti e per molti settori stagionali come l’olivicoltura e la viticoltura, ma anche nell’ortofrutticolo e nella zootecnia.