Nuovo caso di crisi industriale a Capannori di cui hanno informato i sindacati con
la società Relife Recycling che ha disdetto il contratto di servizi di selezione di rifiuti nello stabilimento di Capannori e così dal 31 dicembre,
13 lavoratori, quasi tutti con famiglia a carico, perderanno
il posto.
Per Capannori Popolare, composta da forze politiche
da sempre impegnate sui temi del lavoro, è uno scenario visto tante volte negli ultimi anni.
"Si tratta di una “riorganizzazione“ combattuta da governi di destra e centrosinistra negli ultimi 30 anni, dal Pacchetto Treu al Jobs Act, è possibile licenziare a seguito di ristrutturazioni aziendali - si legge
in una nota - . Quasi azzerati
gli ammortizzatori sociali
le prospettive per i lavoratori sono ben note: eventuali fabbisogni di personale
nelle società appaltante e appaltatrice (chissà con quali distanze e spese da affrontare), appelli agli enti locali e alle loro partecipate, Naspi cioè niente. In pratica i lavoratori devono arrangiarsi. Il luogo è delicato per il territorio, Salanetti dove, fino al 31 dicembre, verranno convogliati i rifiuti da lavorare e dove dovrebbe sorgere l’impianto di riciclo di prodotti assorbenti per l’igiene della persona per il quale la Regione ha da poco concesso 90 giorni a Retiambiente Spa, per rispondere alle perplessità degli Enti".
"Ancora una volta - scrive Capannori Popolare - si risparmia sul costo del lavoro e spesso questo si accompagna a impatti più pesanti per l’ambiente: quale futuro
si prospetta per il sito?
Allo spostamento della linea del “multimateriale leggero“
ne seguiranno altri?
È opportuno che lavoratori e territori dipendano da politiche aziendali e non da politiche condivise di sviluppo?".