
Successo dei “Vini delle Coste“; a destra, i giornalisti Melanie Young e David Ransom
"Un disastro preannunciato, una catastrofe per tutti". Parole chiare e senza eufemismi quelle con cui i giornalisti americani Melanie Young e David Ransom, a Lucca in occasione di “Vini delle Coste“ (conclusa ieri con successo al Real Collegio), hanno commentato l’ipotesi – sempre più tangibile - dell’introduzione di dazi americani sui prodotti agroalimentari europei. Dazi che, secondo quanto anticipato dal presidente Donlad Trump, potrebbero arrivare al 200 per cento per quanto riguarda il vino, lo champagne e gli alcolici in generale.
Numeri che fanno tremare il ‘made in Tuscany’ ma non solo: secondo i due esperti di settore l’introduzione di queste tariffe sarebbe un disastro su tutti i tre i livelli su cui si basa il sistema americano che ruota attorno alle bevande alcoliche: importatori, distributori e rivenditori.
"Nessuno in Usa vuole questi dazi - spiegano i giornalisti Young e Ransom -, lo abbiamo visto con il Canada: ne risente l’intera filiera produttiva con effetti a cascata sul singolo americano, che già in media per il vino non è disposto a pagare più di 25 dollari a bottiglia. Ad esempio un Chianti Classico oggi in America costa dai 25 ai 35 dollari: se queste cifre dovessero subire l’effetto di dazi al 200 per cento sarebbe una catastrofe".
Ma il timore per l’effetto-dazi in America di fatto si è già concretizzato in uno stop all’import di vino, così come raccomandato dall’Us Wine Trade Alliance (USWTA), principale associazione di settore a tutela degli imprenditori, impegnata in una campagna contro l’introduzione di queste tariffe. Un duro colpo per le produzioni viti-vinicole toscane, che vedono negli Usa uno dei principali partner commerciali.
"Anche se – spiega Francesca Frediani della Fattoria Varramista – oggi la differenziazione dei mercati è fondamentale, e l’introduzione di eventuali dazi con gli Stati Uniti potrebbe aprire nuove frontiere legate al vino – ad esempio al Canada - precisa -: se si incrinano i rapporti economici tra i due Paesi, si potrebbero aprire nuovi scenari per i mercati europei che andrebbero a ridisegnare gli equilibri. Ma ad ogni modo le preoccupazioni restano molte. Anche se io esporto principalmente in Svizzera, molte aziende toscane anche di piccole dimensioni potrebbero subire effetti devastanti se i dazi dovessero arrivare a toccare il 200 per cento".
Per Paolo Giusti, proprietario di I Giusti & Zanza Vigneti in Toscana, solo un dazio del 20/25 per cento sarebbe ancora sostenibile. "Il 70 per cento della mia produzione è legata al mercato estero: Usa, Svizzera ma anche Giappone e Corea. Gli Stati Uniti pesano tra il 5 e il 10 per cento, per cui solo l’introduzione di un dazio ‘contenuto’ sarebbe gestibile".
Ma per Tiziana Bulleri della Fattoria Uccelliera, il rallentamento nelle esportazioni con gli Usa che si sta verificando oggi, è un ‘trend’ iniziato già da tempo.
"E’ cominciato con gli incendi in California, sia prima che Trump tornasse al governo le richieste di vino dall’America erano già diminuite: certo è che se dovessero essere introdotti questi dazi, daranno il ‘colpo’ finale".
Jessica Quilici