E’ ancora allarme Pfas “L’inquinante trovato nei pesci in Serchio“. Il nuovo progetto di Imt

Venerdì al Palazzo delle Esposizioni esperti a confronto al convegno organizzato da Greenpeace e da “Senza Confini“ “Geal ci tranquillizzi sui sistemi di filtraggio per le nostre case“.

E’ ancora allarme Pfas “L’inquinante trovato nei pesci in Serchio“. Il nuovo progetto di Imt

Venerdì al Palazzo delle Esposizioni esperti a confronto al convegno organizzato da Greenpeace e da “Senza Confini“ “Geal ci tranquillizzi sui sistemi di filtraggio per le nostre case“.

Capire significa innanzitutto far distinzione tra allarme e allarmismo. Su questa rotta il convegno in programma venerdì alle 17 nell’Auditorium del Palazzo delle Esposizioni in piazza San Martino. E’ qui che si parlerà di “Pfas“, ovvero dei dati relativi alla presenza dell’ormai noto inquinante nelle acque del Serchio. L’iniziativa è dell’Associazione Senza Confini e di Greenpeace Italia e vedrà tra gli esperti anche il docente di Imt Marco Paggi che ha condotto un progetto mirato a aprire la strada a soluzioni alternative.

“Occorre fare attente considerazioni partendo dai dati – dicono Tommaso Panigada e Virgilio Bertini dell’Associazione –. Il noto inquinante utilizzato un po’ dappertutto per impermeabilizzare carta e tessuti è stato trovato nelle nostre acque. In particolare nella zona del ponte di Monte San Quirico un cefalo è risultato avere in corpo un valore assoluto di 2.010 nanogrammi, un altro esemplare simile pescato a Chifenti ne conteneva 1.080, un altro a Coreglia 1.228. Ora è importante capire, questi dati ci indicano un problema oppure no? Il sistema di filtraggio dell’acqua da parte di Geal è sufficiente a mettere al riparo la salute del cittadino? Noi non vogliamo mettere nessuno in cattiva luce, ma capire e chiarire sì“.

“Negli ultimi due anni come Imt ci siamo occupati di un progetto regionale che riguarda il packaging, proprio allo scopo di cercare soluzioni alternative al Pfas, per proteggere ad esempio la carta dall’umido e dall’olio. Esistono tecniche innovative nell’accoppiamento dei materiali compatibili, la difficoltà semmai è quella di renderli utilizzabili in ambito alimentare. Soluzioni che noi abbiamo individuato a livello di laboratorio, il salto su larga scala è ovviamente grande. Per questo c’è bisogno di ricerca e di collaborazione tra aziende“.

“La presenza di questi composti chimici poli e perfluoroalchilici denominati Pfas nei fiumi, nelle acque superficiali, nelle falde e lungo la costa della Toscana, è un fatto acclarato. Sono oltre 60 anni che vengono utilizzati quasi in ogni ambito – spiegano Panigada e Bertini – . E’ un fatto che queste sostanze altamente pericolose sono impiegate in tutti i distretti industriali idrovori della nostra Regione per le loro caratteristiche idrorepellenti e lipofobiche, rappresentano un pericolo per la salute delle persone come dei pesci, nelle acque interne come in quelle costiere, e sono attenzionati a livello mondiale tanto da renderne probabile la loro messa fuori legge. C’è la questione della soglia, ci basta per stare tranquilli sapere di essere sotto una soglia che magari non è la stessa in altri Paesi?“.

“Abbiamo messo la nostra attenzione lungo l’asta del fiume Serchio e nelle falde superficiali della provincia di Lucca per verificare la loro presenza riscontrando come anche Arpat – sottolineano – stia facendo campionamenti e analisi da anni, con scarsi mezzi tecnici per la dimensione del problema. Questo è un tema che mette in discussione processi industriali come pure sistemi di potabilizzazione e distribuzione delle acque potabili che andranno modificati ed adeguati per non impiegare più i pfas e rimuoverli da dove si trovano perché pericolosi“.

L.S.