Una trincea. È quello che idealmente può separare il concetto di vino dealcolato da una persona che fa il sommelier. Nel nostro caso “la” sommelier. Marta Passaseo, pugliese di origine ma a Lucca nota per la sua collaborazione con lo chef Cristiano Tomei de “L’Imbuto”, fa appunto la sommelier: giovanissima, nel 2021, si è guadagnata il titolo di “Miglior sommelier Guida identità golose”. Una donna, insomma, che nel vino e per estensione in tutto ciò che al vino è collegato (storia, passione e convivialità, per esempio), crede molto.
"Dico la verità – afferma Marta – non ho mai assaggiato questo surrogato (e già la definizione attinge a monsieur De Lapalisse) mentre durante la gravidanza ho bevuto la birra e il gin senza alcool; per noi in Italia, ma penso anche ad altri Paesi dalla forte identità vitivinicola, è soprattutto una questione culturale: da noi è innata la cultura del cibo e del buon bere, tutto questo fa parte della nostra storia ed è molto radicato".
Prosegue Marta Passaseo: "Vino significa quanto di più naturale è possibile nella vinificazione, ho ricordi sin da bambina in cui, in casa, il vino c’era sempre: naturalmente parliamo di bere entro i limiti; pensiamo poi che bere, talvolta, rappresenta un vero e proprio collante, è appunto convivialità. Credo che si tratti, per i dealcolati, di una moda e di una esigenza che riguarda altri Paesi europei; capisco, poi, in quelle situazioni dove, ad esempio, l’interferenza con alcuni farmaci può essere pericolosa: ma tutto il resto è, e rimane per me, tradizione, storia e cultura del vino". Marta, quindi, bolla come “surrogato” ciò che si prospetta, secondo norma, come vino dealcolato. E rilancia: "Per ovviare ai problemi dettati dalla sicurezza, quelli che oggi preoccupano e che sono naturalmente importanti lo spot che rilancio potrebbe essere “Guido di meno, bevo di più”". Mau.Guc.