REDAZIONE LUCCA

Fallimenti “pilotati“ a catena Arresti anche in Lucchesia

Fallimenti “pilotati“ a catena Arresti anche in Lucchesia

Passa anche da Lucca la maxi operazione della Guardia di Finanza di Bologna che ha smantellato un’organizzazione che aveva escogitato un sistema di fallimenti pilotati a catena. Funzionava così: dopo aver aperto decine di supermercati e negozi di cosmetici – rilevati da noti marchi della grande distribuzione – le società sono state poi depredate e avviate al fallimento. L’indagine, coordinata dalla Dda, ha portato al sequestro preventivo di beni per oltre 32 milioni e alla denuncia di 32 persone, 15 delle quali sono state arrestate, per i reati di associazione per delinquere e bancarotta.

Arresti e perquisizioni in mezza Italia: anche tra Lucca e la Versilia e la Garfagnana sono scattate varie misure cautelari emesse dal Gip di Bologna Andrea Salvatore Romito. I provvedimenti hanno interssato anche Massimo Vivoli, ex presidente nazionale di Confesercenti e attuale componente del Cnel, Fiore Moliterni, Domenico Pilato e Riccardo Pieraccini: quest’ultimo, 63 anni, residente a Forte dei Marmi, ma da tempo domiciliato a Bologna, era finito nei guai anche per il crac della “Azzurrina Acque srl” fallita nel gennaio 2019. I finanzieri di Lucca hanno collaborato per notificare misure cautelari e per eseguire sequestri e perquisizioni in studi professionali di commericialisti e aziende.

Il gruppo, noto come ‘banda del buco’ e composto da bancarottieri italiani ritenuti ‘seriali’: in sostanza, ben 25 punti vendita sull’orlo del fallimento sono stati trasferiti a new-co riconducibili all’associazione. In questo modo, nessuno ha versato all’erario di 3,3 milioni di euro di tributi. I grandi fondi così illecitamente accumulati, sono stati reinvestiti in altre iniziative imprenditoriali, tra cui l’acquisto di un prosciuttificio nel Parmense, o in altri casi trasferiti a società italiane ed estere compiacenti, sulla base di fatture false emesse ad hoc per giustificare i flussi finanziari.

Tra le società finite nel tritacarne spiccano tre cartiere formalmente con sede a Milano, amministrate da due imprenditori cinesi irreperibili che, in meno di un anno, hanno emesso fatture false nei confronti di centinaia di imprese italiane per 7 milioni di euro, e ricevuto bonifici sui propri conti aziendali per 11 milioni di euro. Le risorse finanziarie riconducibili a operazioni commerciali fittizie venivano trasferite in Cina.

L’organizzazione nel 2020 era subentrata alla guida di un gruppo societario dell’hinterland bolognese (composto da una holding e tre srl) nei settori della dermocosmesi e della grande distribuzione, con 32 supermercati tra Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia e Friuli. Amministrando queste società – secondo la Finanza – le 32 persone hanno effettuato operazioni di sciacallaggio, provocandone dolosamente il dissesto.