Ha scritto a Fedez, chissà se il noto cantante le risponderà. Ma il messaggio di Daniela Grossi, comunque sia, resta. Molto conosciuta in città anche per il suo impegno nel sociale (era presidente della commissione pari opportunità nella precedente amministrazione), Daniela non ha mai fatto mistero di quello che ha passato per essersi trovata improvvisamente a tu per tu con il “male“.
Perchè ha scritto a Fedez?
“Mi ha colpita la sua dichiarazione, che avrebbe preferito morire per l’intervento, piuttosto che per il “calvario della chemio”. Ecco, la parola “calvario” mi ha rievocato una frase che mi fu detta quando, più di nove anni fa ormai, alla prima ecografia cui mi sottoposi per un dolore al seno - in un centro convenzionato del nostro territorio - emerse quel nodulo di 2 centimetri, che aveva tutte le caratteristiche di malignità. Il medico ecografista mi disse testuale: “Sarà un calvario che la farà crescere”“.
Poi che avvenne?
“In seguito all’Asl, unità di senologia, pur confermando con gli esami successivi la diagnosi, mi rassicurò circa le prospettive di guarigione (anzi, meglio, remissione) dopo tutto l’iter che mi sarei dovuta apprestare a compiere, ma mai utilizzando quel termine terribile“.
Un iter che comprese anche la chemio giusto?
“Sì. Un percorso tosto che però rappresenta un’opportunità offerta dalla scienza per sopravvivere, per non annaspare nella paura di morire e di non vedere più le persone a noi care. Si stringono i denti e si va oltre. Un percorso che mi ha fatto conoscere persone straordinarie, sia tra gli operatori sanitari che tra le “colleghe di poltrona“. “Non mi risulta che Fedez sia passato dalla chemio. Mi chiedo perchè allora lanciare dal palcoscenico dei social media un messaggio di paura verso chi forse sta per iniziare un percorso complesso. Ho pensato che forse Fedez ancora non abbia metabolizzato ciò che gli è successo. Ci vogliono anni. Neanche io, dopo tutto questo tempo, ci sono riuscita“.
Fedez dice che tutto ciò non fa diventare persone migliori, tutt’altro. Che ne pensa?
“Il dolore non è salvifico, non ci rende migliori. Forse non ci rende nemmeno peggiori. Un po’ ci congela, ma poi, superato il momento più difficile, la malattia ci mette di fronte alla nostra vulnerabilità, al fatto che non siamo eterni ed indistruttibili, e che un domani potrebbe risuccedere. E allora non si diventa nè migliori nè peggiori, si diventa come capita, non importa come. Forse si cerca soltanto di scremare ciò che è inutile alla nostra crescita come persone, se ci si riesce. A me la malattia ha insegnato, probabilmente, a volermi un po’ più bene (senza scadere nell’egoismo) e a voler bene solo a chi lo merita davvero“.
Come è stata la sua esperienza con l’Asl?
“Della Asl di Lucca e della sua senologia non posso che dire tutto il bene del mondo. Ho avuto l’opportunità di andare a curarmi in un centro nazionale più blasonato, ma quando mi dissero che quello che facevano loro l’avrei potuto fare anche a Lucca, dato che i protocolli seguiti sono gli stessi e che ci sono medici bravissimi, mi sono affidata con ancor più serenità alla senologia lucchese e alla sua Breast Unit. Da allora ad ora mi risulta che le cose non siano cambiate, i tempi per l’intervento e le terapie sono rapidi e la presa in carico è immediata, come è successo a me“.
Si può fare di più?
“Ci si prova. Con l’associazione La Città delle Donne, che presiedo, in rete con le tante associazioni del territorio, con la ASL e varie amministrazioni comunali, abbiamo organizzato momenti di informazione, spesso molto partecipati segno che il desiderio di conoscere è forte, perché la salute è un bene prezioso da preservare“.
Laura Sartini