
Tra le giostre si vedono ancora poche famiglie la sera
.Lucca, 4 settembre 2020 - «Non gli date colpi, ragazzi, perché mi mandate in bestia». La macchinetta spingi-monete è sotto assedio. Il giochino è lo stesso di 50 anni fa: si infilano i gettoni e s’incrociano le dita. Sperando che, cadendo sul rullo, spingano giù qualche fiches in premio. Il capannello di ragazzini inforna euro, ma la bocca della macchinetta non sputa nulla. E quando la giostraia gira le spalle, provano la spintina d’anca, per obbligare le fiches a scivolare giù. Lei s’infuria. Deve governare venti teste insieme. Ma qui c’è l’azzardo di giocarsi 3 minuti di ludopatia per fregare banco e sorte. Avrebbe clienti pure in mezzo al Sahara. Le altre 79 giostre sbarcate 13 giorni fa alle Tagliate, sono giganti senza quasi un brulichio d’anima. Alle sue spalle il baby calcinculo fermo è un salice piangente di ferraglia. Il tagadà strilla un remix degli 883. Ma sono gli anni ‘90 che si sgolano dal fondo di un pozzo: il pistone da ballo è vuoto. Il Super Topo Burlone, la montagna russa che s’arrampica per 20 metri, scarrella con una coppietta sola a bordo.
Il faccione a neon del Topo Jerry li fissa e se la ride immobile. Ma è più un ghigno di rabbia. Per un Settembre Lucchese che alle 21.30 di mercoledì, sa più di 8 settembre ‘43: di rompete le righe, d’armistizio con la voglia di provarci. E di una guerriglia contro l’ansia da prima campanella, tutta ancora da fare. «Abbiamo poche famiglie» mastica amaro ‘l’uomo della Torre’. Viene da Imperia, è stato in Piemonte. Il piatto forte del quest’anno è suo: una torre panoramica di 40 metri. Per montarla ci vogliono 24 ore e sei braccia. Da lassù, se si aguzza la vista, si scorgono i merli ghibellini di S.Martino. Roba mozzafiato. «Ma i biglietti staccati sono la metà della norma. Per noi Lucca è una piazza importante, siamo preoccupati». L’acquazzone di sabato ha annegato il week-end d’esordio. E la rissa tra immigrati il giorno prima, non ha fatto bella pubblicità. Ieri poi il carico: l’annuncio che la processione della S.Croce non si farà. I ‘fermi’, i clienti nel gergo dei giostrai, cioè quelli che per casa non hanno una roulotte, ora son fermi sul serio. Altrove. Al banchino della pesca a premi si rimugina. «Veniamo da Rimini e prima dalle Marche, anche lì le cose sono andate peggio, ma non così». Il mantra se lo ripetono tutti: perché in centro a bere sì, ma sulle giostre no? «Eppure qui tutto è stato fatto col massimo della cura». Ha ragione. Gli steward ci sono, le pattuglie di carabinieri e polizia che fanno la spola sul perimetro, pure. Chi è con la mascherina abbassata viene bacchettato. Ogni giostra ha il suo boccione di gel. E la (poca) gente riga dritto davvero. «Sa cos’è? - la butta li un babbo che ha appena fatto smontare la bimba di 4 anni dal trenino del West - Il divertimento pulito, fine a se stesso, non paga più. Il virus ci ha messo a un bivio». La bimba lo guarda in brodo di giuggiole. Vorrebbe farsi un altro giro. «Se uscire di casa, vuol dire ‘rischiare’, allora molti preferiscono rischiare al ristorante o in centro nei locali. Ho amici che si mettono i figli sulle spalle e vanno a bersi una birra. Si può? Serve anche altro». Ma quel pane per l’anima, il sorriso ubriaco di un figlioletto reduce da un giro di giostra, non fa appetito. Lo fa altro: il baracchino di Sergio che piazza bomboloni e frati bollenti alla Nutella ha il tutto esaurito. La coda (l’unica) è un biscione di 20 metri. Roba da far invidia alla Luminara: sì i frati forse fanno meno paura dei preti in processione. «Guarda lì, per mangiare non hanno mica paura» se la ride il babb saggio del trenino. In coda per la ciambella qualche famiglia c’è. Ma il grosso sono under 18. Fanno lo struscio, si annusano e si tuffano nei giochi di sguardi. Quelli che, se ti va bene, dopo mezz’ora ti ritrovi incollato in un bacio, dietro al baracchino delle crepes. Gli altri, i grandi, camminano sul filo teso fra gola e fobia. In coda si innervosiscono, ma poi c’è il bombolone. E la pancia, l’ultimo nascondiglio dove fuggire da virus, mascherine e sudori altrui, si piena. «In carrozza, si riparte». Il trenino del West fischia un altro giro. La piccolina vuole rimontar sopra. Come ogni bimbo odia i treni che partono e quelli che arrivano. Vuole solo quelli che corrono. «Corre, babbo, ciuf-ciuf». Forse ha ragione lei, meglio salire in carrozza. I treni persi non tornano più.
Claudio Capanni