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Gaspar Noé, la star internazionale “Com’è il mio cinema? Normale“

L’intervista al regista argentino che nella prima serata del Festival ha ricevuto il Premio alla Carriera È rimasto affascinato dall’atmosfera di Lucca e della Toscana, dai loro edifici e monumenti

È lui la star internazionale, insieme a Peter Greenaway, del Lucca Film Festival. Ma è tutto fuorché una star, Gaspar Noè, regista argentino emigrato con la famiglia in Francia ai tempi del dittatore Jorge Videla e diventato popolare soprattutto tra i più giovani, presenti in massa, venerdì sera, in un cinema Astra quasi “sold out“ per l’incontro precedente alla proiezione del suo più recente film “Vortex“ e alla consegna del Premio alla Carriera.

Come ha trovato Lucca e che accoglienza ha ricevuto?

"Sono molto felice di essere qui e del premio di questo festival. Ho trovato gente simpatica, buon cibo, ottimo vino e... chiese dappertutto. É una cosa che mi ha colpito molto, questa atmosfera di altri tempi che si percepisce a Lucca. Ho fatto una visita veloce anche a Pisa e Firenze e mi rendo conto ogni volta che vengo in Italia della bellezza e della grandiosità degli edifici e dei monumenti che si possono trovare ovunque e ottimamente conservati. Penso a quanto dovevano essere ricchi e ambiziosi i committenti e quanto pensassero al futuro, così come gli architetti che hanno pensato e realizzato le opere. Oggi si pensa solo al presente, con edifici che durano pochi mesi o pochi anni. Jean Luc Godard diceva spesso che l’Europa ha la storia, l’America le t-shirt".

Il suo pubblico è molto giovane, si è chiesto perché?

"Credo che sia dovuto al fatto che i protagonisti dei miei film, a parte “Vortex“, siano sempre tra i 15 e i 25 anni e quindi molto vicini a loro. Ma mi fa piacere anche quando questi ragazzi vanno a riscoprire Dario Argento e i suoi film e ne sono pazzi".

Come è nata la collaborazione con Dario Argento?

"Ci siamo conosciuti trent’anni fa e siamo rimasti in contatto, vedendoci in giro per i festival. Poi, in un Toronto Film Festival ho conosciuto la figlia Asia, con la quale siamo diventati molto amici e questo ci ha legato ancora di più. Con lui si parlava delle nostre passioni, Fritz Lang, Hitchcock, Fellini, De Sica. Grazie a “Umberto D“ ho pensato di farlo recitare in “Vortex“. Non gli ho dato un copione preciso, lasciandogli spazio e così mi ha dato spunti e idee per la regia".

Dove trae spunto per il suo lavoro?

"Dalla vita reale, semplicemente. Per lo stile, a 17 anni ho visto un film di Paul Morrissey e da lì sono partito. In “Vortex“ c’è qualcosa tratto da mie esperienze personali, ma non per questo è un film autobiografico".

Oggi si etichetta tutto: come definirebbe il suo cinema?

"Normale (ride...). Cerco di giocare con quello che faccio e quindi divertirmi. E ci riesco. Infatti sono fiero e orgoglioso di tutti i film fatti fino a oggi".

Lei è un grande collezionista di locandine e manifesti...

"Da sempre. Collezionavo di tutto, a partire dai comic books. Ho stanze piene di questa roba ma mi piace continuare"

La musica è importante nei suoi film: nasce insieme a loro o a lavoro concluso?

"Di solito entra in post-produzione, ma in “Climax“, con le scene di ballo, tutto è nato insieme. Ma i diritti costano cifre altissime!".

Idee per il prossimo film?

"Dovrei cominciare a pensarci".

Paolo Ceragioli