VINCENZO PARDINI
Cronaca

Salvati i libri di Tobino, salviamo la villa di Puccini

A Chiatri di Lucca versa in cattivo stato la villa dove il musicista compose parte di Tosca. Ispiriamoci al recupero della biblioteca dello scrittore, realizzato con una raccolta di fondi

Giacomo Puccini

Giacomo Puccini

Lucca, 5 dicembre 2019 - Nell’estate scorsa i quattromila libri e le 261 riviste della biblioteca di Mario Tobino, custoditi nell’ex manicomio di Maggiano, dove Tobino nella veste di psichiatra ha operato per circa 40 anni, furono trasferiti a Roma, per essere risanati dai danni dovuti alle infiltrazioni della pioggia spioventi dal tetto dell’edificio in cui si trovavano. Quasi una corsa contro il tempo. Del loro ripristino si è occupata la Mts srl di Ciampino con l’ausilio della Fondazione Tobino, attivatasi per una raccolta di fondi in modo da riportare quei libri, che rappresentano un patrimonio non indifferente, a nuova vita. Ma se la biblioteca è stata salvata, non così sta andando per il mondo in cui lo scrittore ha vissuto e al quale si è sovente ispirato. Poco lontano da Maggiano, si trova la via delle Vallilunghe, che Giacomo Puccini, lasciata la macchina in un garage ricavato da un seccatoio di castagne, percorreva a dorso di un asino di Martina Franca, messogli a disposizione dal suo fattore Frak. E arrivava alla villa di Chiatri Puccini, da anni abbandonata e malridotta dalle incursioni dei ladri, che vi hanno asportato perfino caminetto e canale di rame. Una magnifica villa, a cui Puccini teneva molto, e dove si vuole che abbia realizzato parte di Tosca. Dal parco si può ammirare, sia la veduta del lago di Massaciuccoli, sia il mare coi suoi lenti e infuocati tramonti.

Adesso la via delle Vallilunghe è pressoché inagibile; costeggiata da una ridondante vegetazione, ha l’ acciottolato dissestato dalle piogge. Percorribile fino alla metà degli anni Ottanta, camminandovi potevamo inseguire la memoria del sor Giacomo che, avvolto nello spolverino e a cavalcioni della sella, avanzava verso Chiatri. Arrivato, come ci raccontò anni fa un’anziana signora che lo conobbe, fumando il sigaro Toscano dava caramelle ai ragazzi che gli venivano attorno. Memorie che rischiano di scomparire, insieme ai luoghi abbandonati al degrado. Non è così a Uzzano, dove si trova la Villa del Castellaccio, nella quale Puccini compose arie della Bohème. Nell’ estate scorsa, anche per onorare la sua memoria, la Villa è stata aperta al pubblico, che ha potuto ammirare il salotto dove Puccini componeva e leggere testimonianza autografa della suo passaggio in quelle stanze. Appena la villa di Chiatri iniziò ad accennare segni di incuria, La Nazione di Lucca lanciò all’allora amministrazione comunale, l’idea di acquistarla per farne un centro culturale, comprendente una biblioteca che includesse giornali e riviste che riguardavano l’attività di Puccini. La risposta fu che erano divagazioni di anime belle. Gli amministratori avevano altro cui pensare. Da non dimenticare che nella chiesa di Chiatri si trova anche il pianoforte su cui Puccini compose Tosca, che poi regalò alla parrocchia e che qualcuno, non molto tempo fa, avrebbe voluto vendere. Gli artisti si lasciano alle spalle non solo opere, ma anche testimonianze di vita del proprio tempo.

Giacomo Puccini e Tobino, in questo ambito, hanno qualcosa in comune. Entrambi hanno vissuto e operato nella medesima terra, da cui hanno tratto ispirazione. Una mattina, a Viareggio, sul Lungomare, Tobino, ancora piccolo, era a passeggio col padre farmacista, il quale passando davanti al Margherita, vide Giacomo Puccini, che andò a salutare. Tobino lo descriveva così: “Era un signore d’altezza appena sopra la media (infatti Puccini, come risulta dalla sua carta di identità era un metro e 78) e conversando con mio padre mi carezzò una guancia. La sua mano sapeva di colonia e di tabacco”. Un incontro, il loro, che per certi aspetti continua nelle cronache dell’Oltreserchio, depositario di un patrimonio artistico morale e culturale che dovrebbe essere salvaguardato ad ogni costo, a cominciare dai luoghi che furono cari al musicista e allo scrittore, come via delle Vallilunghe, cara a entrambi e che, nonostante l’abbandono, è rimasta un’oasi di silenzio e di quiete, a cui molti, approfittando di un agriturismo (l’unico) che si trova nei paraggi, sostano in ogni stagione.