
Angelo Pucci in sella alla sua bici è uno dei fondatori del Giro del Questura che da oggi diventa una gara ufficiale
Lucca, 23 marzo 2025 – Nel giorno del Giro della Questura, ritornano in mente, grazie alla memoria di uno dei fondatori di questa corsa, Angelo Pucci, aneddoti e curiosità. La prima è quella fondamentale, che hanno reso questa manifestazione un mito. Adesso è diventata una corsa vera e propria, incanalata come tale, con start, arrivo a Monte San Quirico, con tutti gli annessi e connessi. Prima, per circa 40 anni, il Questura era un luogo quasi metafisico: davanti a Porta Santa Maria c’era la Polizia di Stato e il nome traeva la sua radice da quel punto di riferimento. Ma senza definizione, come il punto, il piano o la retta nella geometria euclidea. Non era una gara, bensì un ritrovo per cicloamatori.
Per decenni, infatti, chi aveva voglia di mettersi in gioco, con il sole o con il freddo, si recava in quel punto, il mercoledì pomeriggio e la domenica mattina e sapeva che qui avrebbe incontrato amici, conoscenti, magari il rivale di sempre con cui si aveva litigato al bar. Nessuna punzonatura, o iscrizione. Niente burocrazia, se vogliamo chiamarla così, solo la romantica poesia di inforcare quella bicicletta e partire, sperando di essere in forma, di potersi staccare qualche chilometro dopo, per migliorare il proprio record personale.
“E’ proprio così – racconta Angelo Pucci, 78 anni, ancora in sella alla sua bici, uno dei fondatori della corsa oggi diventata leggenda – io l’ho fatta dal 1980. Siamo rimasti in tre, io e i fratelli Ragghianti. Il tempo passa inesorabile. Senza dubbio il 1980 può essere considerato lo spartiacque. Fino ad allora eravamo sparpagliati in gruppetti, magari ci si trovava ai piedi del Magno, partiti da un bel pezzo. Riuscii a convincere i partecipanti a dare un minimo di ordine. Accomunati dalla passione per questo sport, si decise che saremmo partiti il mercoledì alle 14,30 e la domenica alle 9. Due volte a settimana. Correvamo per noi, per il piacere di farlo. Se uno una volta o due o per mesi non partecipava, non succedeva nulla. Non c’erano classifiche o premi. Lo facevamo per l’entusiasmo che le due ruote a pedali ci trasmetteva – continua Pucci – e questo ci ha fatto sempre bene. Ricordo quando c’erano i pisani che si univano al...volo, li incrociavamo alla Casina Rossa e si univano, il gruppo diventava di 70-80 atleti”.
Anche il tracciato è cambiato: “Si passava da Bientina, da Torre del Lago, la variante Aurelia schivando le auto e l’arrivo era sempre, quasi per una norma non scritta, al terzo grande palo della luce a Monte San Quirico. Eravamo a quell’epoca 40-50, con un tracciato di 70 chilometri. Qualcuno riusciva a farlo in un’ora e 42 minuti. Poi cominciarono ad arrivare i professionisti e allora il tempo calava a un’ora e 38-39”.
Campioni affermati con cui era possibile pedalare a fianco, cercando di carpirne segreti e abitudini, come ricorda lo stesso Pucci: “C’erano i vari Scinto, Cassani (l’ex Ct della Nazionale su strada), Sciandri, Bugno (anche dopo i due successi al Mondiale), Bartoli. Il Monte Magno ha sempre rappresentato un severo esame altimetrico, se ti staccavi non ti riprendevi più. Qualche altro ricordo? “Beh, non era un ambiente per educande – conclude Pucci – Quando cadeva qualcuno, senza gravi conseguenze, il mantra era: ‘Uno di meno’, che potrà apparire crudele ma che incarnava perfettamente lo spirito dell’epoca. Era un avversario in meno da dover superare, non c’era cattiveria, ma uno preferiva morire piuttosto che arrivare dietro al rivale, il vicino, l’amico, il parente, il collega di lavoro, perché avrebbe dovuto poi sopportarne le prese in giro”.
L’ultima storia di Pucci riguarda Rolf Sorensen: “Ero al suo fianco e nevicava, in salita sul Magno, non sentivo più sensibilità alle mani, mi disse di togliermi i guanti. Poi lo persi di vista, pensai che mi avesse staccato, ma mi dissero che si era infilato in un bar!. Però, in generale, il Questura è stata una bellissima esperienza”.