di Fabrizio Vincenti
Era un giovedì, quel 29 marzo del 1923, quando in una casa che si affaccia in piazza Anfiteatro nasceva Ruggera Bertini. Un immobile dove dal 1917 al 1919 erano stati ospitati gli sfollati italiani scappati dalle loro case dopo il disastro di Caporetto nella Grande Guerra, un immobile che, a differenza di tanti altri, aveva però già la luce corrente. Ruggera, detta “Rugge“, nasce in questa casa al terzo piano e lì vive da cento anni tondi. Da una finestra che si affaccia proprio nella storica piazza ha osservato il mondo che cambiava, mondi che finivano e altri che iniziavano. In quella piazza regno per decenni dei piazzaioli, la tombola veniva chiamata con la smorfia, ovvero non si leggevano i numeri estratti ma si annunciavano i sogni corrispondenti. Lucca era dei lucchesi, cento anni fa (ma anche meno) i turisti erano rari.
In casa di Ruggera, continua a battere le ore un cuculo che regala poesia in un mondo che va sempre più veloce. Ruggera, che ha visto e vissuto cento anni di storia con i libri in mano, festeggerà la ricorrenza con una piccola festicciola nel Mercato del Carmine. Ci accoglie nella sua abitazione con un sorriso che vale più di mille parole. Lo sguardo ogni tanto va a quella sua finestra sul mondo. Sul suo mondo. Che è anche il nostro.
Che lavoro ha fatto nella sua vita, signora Ruggera?
"Dopo aver fatto le Magistrali ho iniziato a insegnare al Vittorino da Feltre, un istituto privato che era in corte Portici; finita la seconda guerra, non volevo lasciare sola la mia mamma e ho rinunciato ai concorsi statali. Così ho iniziato a dare lezioni private a casa, proprio qui, in questa stanza che si affaccia sull’Anfiteatro".
E cosa insegnava?
"Di tutto: matematica, italiano, francese, latino. Ci sono studenti che si sono laureati e poi mi hanno mandato la foto, molti mi continuano a venire a trovare".
Fino a quanti anni fa ha insegnato?
"Fino a tre anni fa, si cominciava alle 14 e si finiva alle 19. E fino a che non avevano terminato i compiti, non potevano andare via, di solito a cinque-sei ragazzi per volta".
Ha attraversato 100 anni di storia: qual è il momento che ricorda di più?
"La guerra, quando c’erano i tedeschi e tanta paura, ricordo di alcuni ragazzi che si rifugiarono per scappare ai rastrellamenti, davvero momenti difficili, strazianti".
Altri momenti indelebili?
"Le mie malattie: ho sofferto più volte di polmonite e pleurite, malanni che hanno pesato sulle mie scelte professionali".
E invece qual è un personaggio che le è rimasto impresso?
"Mussolini: l’ho visto così da vicino quando venne a Lucca (nel maggio del 1930). Mio papà e anche mio zio erano di sentimenti antifascisti, e mia mamma gli raccontò che andavano da mia zia e invece andammo a vederlo in piazza Napoleone, mi passo davvero a pochissima distanza. Pensai: “che bell’uomo che è“, ma evitai di dirlo a mio papà...".
E di Lucca un personaggio che le è rimasto impresso?
"Di politica non mi sono mai occupata, direi nessuno in particolare, se proprio deve dire un nome, faccio quello di Quartuccia e della sua carrozza con i cavalli che girava per la città".
Quanto è cambiata Lucca?
"Tantissimo, c’erano abitudini diverse, ma soprattutto sembrava di essere tutti una famiglia, ora non è così. Certo, con il passare del tempo sono cambiate anche tante cose, l’acqua corrente in casa arrivo negli anni ‘30...".
Sulle Mura andavate?
"Certo, si andava sempre, soprattutto erano frequentati i baluardi di San Frediano e San Paolino. Per il caffè andavamo invece in piazza XX Settembre".
I suoi genitori cosa facevano? "Mio papà era orologiaio, mia mamma sarta, c’era tanta miseria e l’aiutavo anche io a cucire sino a mezzanotte. Quando andavamo a scuola, io e mia sorella, mamma ci diceva dovete prendere il premio scolastico per pagare i libri. Andavamo alla Libreria Baroni di via Fillungo a prendere i libri e quando a gennaio ricevevamo la pagella e il premio in denaro, mia mamma ci tornava per pagare il conto".
Segue o ha seguito la sport? "Non mi piace molto, ho seguito la Lucchese più che altro perché i miei studenti la seguivano e mi raccontavano delle partite chiedendomi di andarci, ma non ci sono mai andata".
Legge?
"Certamente, soprattutto i gialli e poi non smetto mai di fare le parole crociate".
Rimpianti?
"Quello di non aver accanto mia mamma".
E nella sua vita?
"Nessuno, mi è sempre piaciuto stare in casa, ho viaggiato poco".
Perché non si è mai sposata? "Non ho trovato la persona giusta".
Quali consigli si sente di dare a un giovane di oggi?
"Di studiare, perché lo studio serve a riflettere, La Divina Commedia e I Promessi sposi li ho sempre a mente, li conosco quasi a memoria".