Quel cancello aperto dal 1947 sulle Mura urbane, in corrispondenza del baluardo Cesare Battisti, ha rappresentato un’ancòra di salvezza per centinaia di giovani meno fortunati di altri. Si varca quel cancello perché, ancora oggi, non sono venuti meno i concetti di accoglienza, amicizia e integrazione. E sempre da quel cancello, imperniato su queste tre parole magiche, si accede al Villaggio del Fanciullo.
Istituito nel 1947 per opera della Chiesa lucchese, ha visto due figure storiche – epiche per certi versi – don Enzo e don Diomede, due padri morali della solidarietà: non quella di superficie e spesso retorica, bensì quella pratica, spontanea, dettata dalla volontà di nutrire corpi, anime e aspirazioni che hanno bisogno di qualcuno che si occupi di loro. Oggi, per il Villaggio, è un altro giorno speciale perché in un convegno (ne parliamo qui sotto), si affronterà il tema “Il villaggio compie 75 anni, tra passato e futuro: i nuovi orfani”. Di ciò che ha rappresentato questa importante struttura sociale e del suo ruolo presente e futuro, ne abbiamo parlato con il presidente della Fondazione “Villaggio del Fanciullo”, il dottor Alessandro Melosi.
Presidente, che cosa continua a essere il Villaggio del Fanciullo?
"È sempre stato e lo è ancora, un porto sicuro; Don Enzo e Don Diomede, in passato, hanno saputo integrare nella comunità lucchese i giovani che sono stati ospitati; e ancora oggi è questo che facciamo; c’è uno spirito di solidarietà che qui trova la continuità giusta perché sono i “vecchi” ospiti del Villaggio, a occuparsi di coloro che arrivano: è stato così da sempre, con il mutare delle situazioni come negli anni Novanta quando arrivavano ragazzi albanesi e marocchini; la comunità lucchese si è trasformata in una comunità multinazionale estesa: l’integrazione è di casa e questo, naturalmente, passando dalle nostre regole che poi sono le regole del Paese Italia".
Quanti ragazzi potete ospitare e di quale età?
"Siamo una struttura accreditata, e ci atteniamo alle disposizioni, pertanto ospitiamo 11 ragazzi la cui età varia dai 12 ai 18 anni; per ciascuno, grazie a un gruppo di ex insegnanti volontari e delle psicologa, si elaborano percorsi individuali, capendo quali sono le inclinazioni del singolo e la capacità di poter raggiungere il risultato; abbiamo avuto e continuiamo ad avere molte soddisfazioni, con ragazzi che arrivano a diplomarsi, uno addirittura sta frequentando il primo anno di Giurisprudenza perché, nonostante la maggiore età, continuiamo a seguirli nel percorso di studio".
Esiste, poi, l’associazione “Amici del Villaggio”...
"È un pilastro fondamentale, fatta di “ex villaggini” ma non solo, che continuano ad aiutare il Villaggio e a costituire un supporto importante per chi è ospite; rappresentano di fatto un continuum, una forma spontanea di solidarietà ed è grazie a questo concetto che oggi possiamo parlare di vera e propria integrazione, perché significa che tra passato e presente – noi auspichiamo anche per il futuro – il concetto di accoglienza e amicizia non si è mai interrotto. Anche grazie a chi, come don Leonardo Della Nina, continua a credere e operare in tal senso".
Dal racconto del dottor Melosi, si evince un attaccamento “storico” della comunità lucchese al Villaggio del Fanciullo; purtroppo, nel tempo, si sono un po’ assottigliati i gesti di generosità economica che, a volte, fanno la differenza per quel plus che potrebbe integrare le quote che gli enti pagano per ogni singolo ospite. Tuttavia la generosità non manca: c’è ancora chi la, ogni sera, offre i dolci invenduti. Oppure il pane, o altri beni. Ma la cosa fondamentale, possiamo dirlo, è che Lucca può vantarsi di una struttura che ancora oggi guarda lontano: con quel cancello ancora aperto, resistente all’indifferenza.
Maurizio Guccione