I primi lucchesi in Brasile. Indietro fino a 150 anni fa: "Lasciata un’impronta in tutti i settori"

La presidente dei Lucchesi nel Mondo, Ilaria Del Bianco, intervista. Marco Lucchesi, presidente della Biblioteca Nazionale Brasiliana. "Oggi siamo approssimativamente quaranta milioni di italo discendenti".

I primi lucchesi in Brasile. Indietro fino a 150 anni fa: "Lasciata un’impronta in tutti i settori"

I primi lucchesi in Brasile. Indietro fino a 150 anni fa: "Lasciata un’impronta in tutti i settori"

di Ilaria Del Bianco *

Nel 2024 si celebrano i 150 anni dell’emigrazione italiana in Brasile. Il 21 febbraio del 1874 sbarcarono a Vitoria i primi 380 italiani partiti da Genova sul vapore “Sofia”. Anche molti lucchesi scelsero questo grande e promettente Paese del Sud America come luogo in cui recarsi per migliorare se stessi ed il tenore di vita della propria famiglia. Dal 1886 ed il 1890, la destinazione prevalente dei Lucchesi fu l’Argentina: in quel periodo vi si diressero circa 7mila lucchesi mentre 5mila circa emigrarono in Brasile e solo 2mila negli Stati Uniti. Ma nel periodo successivo l’emigrazione verso il Brasile divenne prevalente, favorita dall’abolizione della schiavitù sancita nel 1888 e da un forte incentivo all’immigrazione dato dallo stesso Stato brasiliano, che si impegnò a coprire, con la legge Glicèrio del 1890, il costo del viaggio a coloro che decidevano di andare a coltivare le sue immense estensioni di terra. Nei primi decenni del grande esodo, fu in Brasile ed in Argentina che i lucchesi, al pari degli altri immigrati italiani, costituirono le più grandi ricchezze.

Alcuni di loro, in modo spesso avventuroso, fondarono nuove città, come Pietro Pocai, di Molazzana, che costituì la città di Salto Grande; Angelo Guazzelli di Chiozza che fondò Bury; Pasquale Toti di Gallicano che stabilì l’insediamento di Uberaba e Polinice Mattei, fondatore di Tanabì. Numerosi lucchesi sono ricordati per le loro doti di imprenditorialità grazie alle quali poterono dar vita ad aziende che eccelsero nei rispettivi settori: il primo grattacielo della città di San Paolo, il Predio Martinelli, è intitolato al suo costruttore, un lucchese, e la più grande azienda nel settore delle ferrovie era del suo conterraneo Giuseppe Giorgi.

L’associazione Lucchesi nel Mondo ha desiderato contribuire a mantener viva la memoria di questa emigrazione, con un’intervista a Marco Lucchesi, oriundo di Massarosa nato a Rio de Janeiro, docente universitario, letterato, dantista, membro dell’Accademia Lucchese di Scienze, Lettere ed Arti, già presidente dell’Academia Brasileira de Letras ed attualmente presidente della Biblioteca Nazionale Brasiliana.

L’emigrazione italiana in Brasile compie 150 anni. Come la potrebbe riassumere in poche parole?

"Direi trattarsi di un capitolo epico. Ma di un’epica anonima, di gente umile, dedita ad ogni forma di lavoro, nelle profondissime campagne, in mezzo alle fazendas, porti e trasporti, piccoli servizi urbani, in mezzo all’Amazzonia. Sempre con destrezza, impareggiabile, brillante, manualità, idraulici e falegnami, artigiani meritevoli. Il sogno di farsi l’America e dirsi ubi bene ibi patria. Oggi siamo approssimativamente quaranta milioni di italo discendenti".

Potrebbe dirci quale impronta hanno lasciato in Brasile?

"Direi proprio ubiqua. In tutti i settori, nonché nella cultura, sin dal Carnevale di Rio, ai nomi più cospicui dell’arte, della poesia, del cinema, del teatro, nella musica. L’imperatore del Brasile, Pedro II, si sposò con Teresa Cristina, dei Borboni di Napoli, e così ancor di più si sono stretti quei lacci. Ad esempio: l’amicizia e il carteggio tra don Pedro e Manzoni, le traduzioni della Divina Commedia (5 fino ai nostri giorni, complete in terza rima); la musica di Carlos Gomes, che compose il Guarany, che Verdi conobbe. L’opera italiana a Rio, sulla quale scrissi un piccolo saggio storico, e via discorrendo. Tanti discendenti di italiani brillano, tra i quali la scrittrice nata in Abissinia, Marina Colasanti, il grande pittore Candido Portinari, le opere orchestrali di Franscico Mignone, la scultura di Ceschiati, e la vertigine della lista mangerebbe tutte le pagine di questa edizione".

Mi disse che la Biblioteca Nazionale del Brasile rappresenta una parte essenziale della storia

dell’emigrazione. Ci dica qualcosa di più.

"La Biblioteca Nazionale del Brasile, considerata dall’Unesco una delle dieci più grandi biblioteche nazionali al mondo, è la più grande biblioteca dell’America Latina. Il nucleo originario della sua possente collezione, oggi stimata in oltre dieci milioni, tra libri, disegni, giornali, ecc., risale alla biblioteca regale del Portogallo. Cresciuta fortemente in Brasile, durante la Monarchia e la Repubblica, la Biblioteca riceve oggidì 100 milioni di accessi l’anno (all’incirca) presso la Biblioteca Nazionale Digitale del Brasile. La presenza italiana è assai preziosa. Approssimativamente 1.655 incisioni dal Seicento all’Ottocento – in cui emergono Vasari, Andrea Mantegna, Guido Reni, Annibale Carracci, Agostino Musi, Giorgio Ghisi, Marco Antonio Raimondi, Marco Dente, Francesco Bartolozzi, ecc. Inoltre, due splendide prime edizioni delle Carceri di Piranesi. Possiede circa 100 giornali scritti in italiano e stampati in Brasile, di varia appartenenza, anarchici, cattolici, socialisti, comunisti, ecc. Nonché la collezione Teresa Cristina di Borbone, promossa dall’Unesco a patrimonio della cultura, in cui tantissime immagini dell’ottocento italiano si presentano, con tantissime immagini dei Fratelli Alinari. Per quanto riguarda la memoria italiana in Brasile, alla Biblioteca Nazionale abbiamo a bizzeffe dei gioielli inattesi, come se stessimo dinanzi ad un vasto giacimento".

I lucchesi in Brasile, come e quando e quanti?

"Mi pare che voi potreste rispondere meglio, perché avete affermato una profonda conoscenza di una estesa e diffusa Lucchesia che si dirama sulla Terra. Una migrazione diversa, come furono e sono, tuttora, sino ad un certo punto, gli italiani. La diversità è un faro, un vaso di meraviglie. Troviamo i lucchesi tra i bravi artigiani, imprenditori, industriali, scultori. Una migrazione importante, meno rumorosa però, assai discreta, come una estesa casa toscana. Lucca dentro e non solo".

Ci racconta la storia della sua famiglia?

"I miei sono venuti per un episodio particolare. Mio padre, Egidio Lucchesi, era marconista della marina mercantile, nato a Massarosa. Arrivò in Brasile, nel 1951, e subito gli fecero un servizio sui giornali, talmente piccola era la sua barca (metri 13). Anche qui una grossa avventura. Per farla breve, conobbe Assis Chateaubriand, ricchissimo proprietario di stampo self made man, che lo invitò a lavorare nei trasmettitori di una grande catena di radio. La proposta era molto importante. Cosicché sposò mia madre, Elena Dati, anche lei di Massarosa, per procura, e fecero la loro vita a Rio. Tre anni dopo li raggiunse mia nonna materna, garfagnina, di nome Quintilia. Egidio creò nuove tecnologie riconosciute in Brasile e negli Stati Uniti. Ricevette premiazioni della Repubblica Italiana e dei Lucchesi nel mondo. Io nacqui bilingue, ma avente come madrelingua l’italiano. Oggi giacciono sotto questa generosa terra che li accolse".

* Presidente dei Lucchesi

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