REDAZIONE LUCCA

Il paese sommerso e la diga di Vagli

La diga di Vagli, con la sua storia controversa e le conseguenze sul territorio e sulla popolazione, rappresenta un esempio di come un'opera energetica possa trasformare un luogo, generando lavoro ma anche sacrifici e leggende.

Da oltre ottant’anni continua a regalare emozioni, lavoro e ad alimentare speranze e anche leggende. La diga di Vagli, con i suoi trenta milioni e più di metri cubi di acqua è il più grande invaso artificiale del territorio, un esempio di come, un’opera realizzata con finalità energetiche, ha finito con il condizionarlo e anche valorizzarlo dal punto di vista turistico e naturalistico. Ma questo rapporto non è stato sempre "rose e fiori" e soprattutto non ha avuto, all’inizio della sua storia, l’appoggio incondizionato della popolazione.

Quando fu scelta questa vallata tra le pareti dei monti della Roccandagia e del Sumbra, per farci affluire l’acqua che il torrente Edron scaricava a valle in grande quantità, si dovette ricorrere alla forza pubblica. Il paese di Fabbriche di Careggine doveva essere sommerso dalle acque e si sarebbe dovuto sacrificare nel segno del nuovo che avanzava. Non c’erano alternative. L’acqua sarebbe dovuta ristagnare proprio sopra quei tetti contenuta da una possente muraglia alta sessanta metri. Quando la Selt Valdarno, oggi Enel, scelse questo luogo per una parte dei residenti fu l’occasione di liberarsi di case e terreni già abbandonati, monetizzandoli, ma per altre significò lo sfratto forzato dai luoghi della memoria di famiglia che per generazioni vi avevano vissuto con grande attaccamento e per degli indennizzi ritenuti troppo bassi. Ma un’opera così non poteva aspettare e dovettero intervenire le forze dell’ordine a sgomberare gli ultimi 146 resistenti. E mentre andava avanti la diatriba giudiziale, si apriva anche se temporaneamente, un’altra pagina, un’altra grande opportunità per la vallata.

La costruzione della diga, in pieno tempo di guerra, prima che il fronte raggiungesse la Garfagnana, dette lavoro a tante persone e per diversi anni, rappresentando uno stipendio sicuro contro la povertà imperante del posto e il flusso migratorio che ancora alimentava queste zone. Ma quando la diga fu terminata, tanti garfagnini rimasero senza lavoro e dovettero riadattarsi in altri mestieru o prendere tardivamente la via dell’espatrio. Nel frattempo, nel luglio del 1947 le acque erano pronte ad invadere il terreno e a sommergere case e la chiesa romanica di S.Teodoro risalente al tardo ‘500, con il suo campanile, interrompendo per sempre anche il percorso della via Vandelli.

Ci vollero diversi giorni prima che l’intero paese, trentuno case, sparisse sotto le acque gelide dell’Edron, ma i lavori continuarono e la muraglia fu innalzata ancora, fino a 92 metri, per aumentare le capacità idriche, decretando, nel 1953, la stessa sorte di Fabbriche anche per i paesi di Piari, Banchiera e Pantano. Fu la fine di un’era, di una storia scritta dai primi maestri ferrai che qui si erano trasferiti per lavorare il ferro estratto in zona. Ma la lotta dei residenti-resilienti si spostò nelle aule di tribunale e trovò parziale accoglimento in indennizzi maggiorati che consentirono a tante di queste famiglie di rifarsi una vita, chi spostandosi a Vagli Sotto e chi scegliendo di rifarsi una vita nella Piana di Lucca. Da quel momento fu un fiorire di opportunità e leggende con le campane della chiesa che di tanto in tanto sembra di udire suonare come a richiamare i suoi vecchi abitanti, in attesa di un nuovo svuotamento del lago ormai atteso da moltissimi anni.