
Una specie di partita doppia in cui al posto delle voci contabili del dare e dell’avere, ci sono attività produttive che chiudono e muoiono, economicamente parlando, contrapposte ad altre che, invece, nascono ed entrano nel tessuto economico di Altopascio con la speranza di rimanerci a lungo. Negli ultimi tempi, il saldo è comunque in pareggio sotto questo punto di vista. Scendiamo nel dettaglio.
Niente da fare per lo storico locale all’incrocio tra la Romea e via San Giuseppe, il ristorante cinese, o comunque di cucina orientale (l’ultima gestione aveva tentato di abbinare un bel pezzo di cibo asiatico, coinvolgendo anche le specialità giapponesi), che ha definitivamente gettato la spugna. Pur con proprietari diversi era stato uno dei primi in Lucchesia ad offrire piatti tipici del Paese del Dragone. Aveva anche ospitato iniziative simpatiche in occasione di certe ricorrenze italiane ma pure per il Capodanno cinese.
La congiuntura sfavorevole e la crisi hanno inciso, ma il colpo di grazia è arrivato attraverso Covid: all’inizio del 2020 tutto ciò che vagamente ricordava la Cina era visto con timore. Alla riapertura il locale non è riuscito a decollare. Diversi i posti di lavoro perduti, tutti però a livello familiare.
Saracinesche abbassate e mai più riaperte anche per lo storico ristorante "Del Porto", quasi al semaforo, dopo il passaggio a livello, arrivando da Lucca, nella zona dove anticamente sui fiumi del posto circolavano le barche fino a Livorno. Per decenni punto di riferimento dei camionisti. Cambiando settore, un negozio di animali ha detto basta in periferia. Al suo posto, se così possiamo dire, in via Valico, con altri gestori, ha da poco inaugurato una attività per gli amici a quattro zampe o esotici. Dopo mesi, inoltre, riapre il tempio del kebab in via Firenze. Mentre è già operativo un nuovo bar in via Gavinana.
Altopascio rimane comunque appetibile, con l’autostrada, la stazione ferroviaria, infrastrutture fondamentali. Con il piano operativo comunale vi sarà la definizione urbanistica delle aree industriali, così da garantire uno sviluppo imprenditoriale certo e sicuro alle imprese che già esistono e a quelle che decideranno di investire sul territorio, magari riducendo il consumo di suolo. In che modo? Sfruttando il recupero dell’esistente, operando una certa ricucitura urbanistica, senza dispersioni.
Massimo Stefanini