E’ stato il destino di tanti pellegrini, debilitati dalle fatiche del lungo cammino di redenzione, verso i luoghi sacri, da Gerusalemme a Roma, passando inevitabilmente da Lucca. E chi all’andata e chi al ritorno, purtroppo, in tanti non riuscirono a tornare a casa, ’’accontentandosi’’ di riposare in eterno nella terra del Volto Santo a cui avevamo fatto l’ultima visita. E’ stato questo anche il destino di San Davino Armeno, considerato alla stregua di un santo lucchese come anche l’anglosassone San Riccardo Re. Le sue spoglie mortali, infatti, si trovano visibili oggi in una teca di vetro, sotto l’altare maggiore della chiesa di San Michele in Foro. Il santo che protegge dal mal di testa e che viene venerato dalla chiesa ogni 3 di giugno. Arrivava dall’Armenia dopo essersi ’’liberato’’ di tutti i propri beni, donandoli ai poveri, per intraprendere il lungo cammino del perdono toccando prima Gerusalemme e Roma, per poi dirigersi a Santiago di Compostela.
Ma arrivato a Lucca, nel 1050, le sue condizioni di salute si aggravarono, debilitato dalle fatiche e dalle conseguenze di un brutto incontro avuto in questa sua avventura… e a cui non bastarono il ricovero nel piccolo hospitale della chiesa di San Michele in Foro e poi le cure amorevoli di Atha, nella sua casa in via Calderia, per evitargli la morte in ancor giovane età il 3 giugno di quell’anno. Da quel momento fu un fiorire di miracoli attorno alla sua tomba nel cimitero di San Michele, a partire dalla fioritura e maturazione di una pianta di vite miracolosa, i cui frutti restituirono la vista ai ciechi, l’udito ai sordi e la parola ai muti, liberando dal demonio i dannati e facendo tornare a camminare, chi non poteva più.
Ben presto, tanti fedeli cominciarono a pregare e a chiedere la grazia al santo armeno e la chiesa, e in particolare il futuro papa Alessandro II, all’epoca vescovo di Lucca Anselmo, decise la traslazione della salma all’interno della chiesa di San Michele in Foro, sotto l’altare di S.Luca, in una cassa in terracotta. Il suo corpo incorrotto, fu poi spostato più volte ed esposto definitivamente ai fedeli sotto l’altare maggiore dal 1656, vestito di una tunica, un mantello, il bastone del pellegrino e di un copricapo rosso di lana, tipico della sua terra che veniva indossato anche dalle persone che chiedevano l’indulgenza dal mal di testa.
Una fama che non si è mai persa nel corso dei secoli e che si è arricchita anche del giudizio della scienza, che ha fatto di San Davino Armeno, uno dei primi esempi dell’antichità di cure fatte con il ferro rovente per suturare una ferita di arma da taglio alla testa, probabilmente inferta da una spada, che gli aveva lesionato il cranio e dalla quale riuscì comunque a riprendersi, nonostante i frequenti mal di testa. Tante testimonianze e anche la singolare postura del santo con il dito medio della mano destra incurvato, frutto di un tentativo fallito di rapimento della salma, in cui il Santo oppose resistenza, ritraendo il dito medio e scegliendo per sé, come ultima dimora, la chiesa di San Michele in Foro.