Lucca, 25 luglio 2017 - Parla come mangi. Ma «hot dogs» e piatti dei parenti britannici evidentemente non si sintonizzano con il palato dei lucchesi. O meglio con la lingua che nella nostra città, nonostante i grandi flussi turistici ed eventi di portata internazionale come il Summer Festival e i Comics, parla quasi esclusivamente italiano. Gli sguardi imploranti dei turisti non fanno breccia nella granitica tradizione della lingua di Dante, che si impone. Anche a gesti, perché no. E mentre le scuole di inglese pullulano, il fronte degli «irriducibili» della lingua madre sembra rafforzare le file. C’è un «lord» a far da ponte, in mezzo a mille difficoltà. E’ un autentico gentleman «very british», di discendenza irlandese: mister Geoffrey Phelan. Un’istituzione. Per decenni ci ha provato a instradare i lucchesi, con il suo «English Institute» in piazza del Giglio, oggi gestito dalla figlia Elena, lui che venne a Lucca 61 anni fa, folgorato dalla musica del Maestro Puccini, che ascoltava da quando aveva 13 anni. «Dovevo ancora finire gli studi universitari quando a casa ospitammo un lucchese, figlio di avvocati. Si chiamava Giorgio Del Magro, ancora oggi ogni tanti ci ritroviamo. Lui mi restituì il favore, e da allora fu colpo di fulmine per questa città. Mi sposai a Lucca dove, nel 1956, fondai English Institute. Da qui sono passati migliaia di lucchesi, tutte le generazioni. Tantissimi bambini che accoglievo a patto che sapessero scrivere: ho tentato a lungo di sfatare l’equivoco sposato dalle mamme, che se ci si approccia all’inglese in tenera età è meglio. Prima dell’età della scuola non avrebbero imparato niente». Però anche sul «dopo» ci sono evidenti difficoltà. «In tutta la Toscana c’è il mito della cosiddetta purezza dell’italiano. Il dialetto, inoltre, rende più difficili i suoni in inglese, e la pronuncia ne fa le spese - spiega Phelan - . C’è un altro fatto piuttosto nuovo e decisamente controproducente: si ritiene di sapere pur avendo un patrimonio veramente esiguo di vocaboli e grammatica». L’istantaneità dei social dà benzina a un approccio frettoloso, ma ugualmente convinto anche a questa materia di studio. E i risultati si presentano al cospetto dei turisti anche quando, semplicemente, chiedono indicazioni, mappa geografica alla mano. «Un mix che non rende particolarmente facile insegnare inglese in questa città - sottolinea Geoffrey Phelan - . Senza esagerare, per carità. Anche perché io amo Lucca oggi come la amavo allora. Qui mi sono sposato. Anzi, mia moglie oggi mi critica enormemente per il fatto che non ci tengo a muovermi da Lucca». Quando fondò l’English Institute il professor Phelan aveva una clientela molto diversa da quella di oggi. In buona parte i primi studenti erano figli di famiglie nobili e di imprenditori. «Oggi abbiamo studenti di ogni tipologia e di ogni livello di preparazione. Il nostro metodo di insegnamento offre spazio e coinvolgimento anche per i principianti, con agganci molto pratici alla realtà quotidiana e all’utilizzo della lingua, e specializza quelli a livelli di conoscenza superiori». Però nella pagella della città, alla voce «lingua» il voto è ancora stentato. Basti ricordare la gaffe della «famosa» guida turistica, tradotta in un inglese pasticciato. Fu proprio il professor Phelan, nel 2008, a svelare le inesattezze. A partire dal titolo: «Giacomo Puccini’s land» che significa, letteralmente, «Le terre appartenute a Giacomo Puccini». La versione corretta sarebbe stata «The land of Giacomo Puccini», ovvero, «Le terre di Giacomo Puccini». L’opuscolo della Provincia in ricordo del Maestro Puccini a 150 anni dalla nascita, è in realtà... da dimenticare.
CronacaInglese, lingua sconosciuta. Dialogo all’anno zero con i turisti