Le donne buone, le donne cattive. O forse, la donna cattiva. Terribile, dilaniata dal risentimento, vendicativa. Nel taglio che può darne una giornalista che è (stata) anche politica, la figura di Elvira Bonturi aleggia ovunque nel libro "Giacomo Puccini – Gloria e Tormento" che l’autrice, Rossella Martina, presenta alle 18 all’Hotel Esplanade in piazza Puccini a Viareggio probabilmente, non a caso, il 14 febbraio per San Valentino.
Il volume edito da "dreamBook edizioni" è una storia ragionata e testimoniata di un artista che, al pari di Michelangelo Merisi nella pittura, non scisse mai vita e arte. Martina lo racconta con inediti, approfondisce la genesi del film "La fanciulla del Lago" col dramma di Doria Manfredi, acclude interviste. Pubblica anche inediti. Non disdegna una rassegna critica (ma senza la barbosità accademica) che spiega l’effetto che le tante donne amate da Puccini, soprattutto le cantanti, ebbero sulle sue opere liriche. Anche sui libretti, visto che il Maestro interveniva pesantemente sulle stesure dei versi. In questa disamina c’è anche la teoria di come Elvira Bonturi, che per lui aveva lasciato il primo marito con grande scandalo nella sempiternamente bigotta Lucca, abbia ispirato i ruoli terribili della zia di Suor Angelica, e di Turandot: una principessa che, nelle follie revisioniste dei cosiddetti registi d’avanguardia, primo o poi qualcuno trasformerà in eroina antipatriarcale.
Ma qui si svicola dal libro di Martina. È una lettura gustosa per chi sa già tutto di Puccini e per chi non ne sa nulla, un invito a scoprire la musica partendo dal vissuto che influenza la creatività, la prova che conviene sempre non arrendersi davanti alle difficoltà.
L’intro e i 16 capitoli hanno tutti come titolo una romanza pucciniana. Il racconto s’apre con una lettera autografa del Maestro già 39enne che sembra ricalcare (nella costruzione, nella similitudine) Rodolfo quando racconta a Mimì le sue vicissitudini di poeta. Rossella Martina lo segue passo passo tra le speranze, le promesse, i successi e le delusioni, i critici sempre in agguato, perfino le accuse di spionaggio austriacante, l’apoteosi planetaria e i rimpianti durante la malattia, conscio che non avrebbe mai concluso Turandot. Un saliscendi drammatico con più coup de theâtre delle opere, minuziosamente ricostruito coi documenti, dal primo benessere prpocurato dal successo di "Manon Lescaut" fino a quando Puccini muore con le sue donne, e si trascina dietro Liù (ma non Turandot, vedi sopra).
Beppe Nelli