Non è sempre Natale, come ci ha insegnato la storia… Ottant’anni fa, proprio la notte del giorno di Natale fu contrassegnata da una scia di sangue, paura e distruzione. Per tre giorni, la Valle del Serchio si infiammò per i risvolti di una guerra che pareva destinata ad abbandonare il territorio e che invece riservò un duro colpo di coda. Nelle prime ore del mattino del 26 dicembre 1944 ebbe inizio l’operazione "Wintergewitter" meglio conosciuta come la "Battaglia di Natale", l’unico vero scontro armato che sia stato combattuto sul nostro territorio tra l’esercito nazi-fascista e quello alleato. Una brutta pagina della guerra che, per diversi mesi, stazionò in Garfagnana, divenuta suo malgrado, il fronte tra i due schieramenti.
Dopo la ritirata in tutta fretta avvenuta dalla città di Lucca, le truppe nazifasciste si erano rintanate sui monti della Garfagnana, pronte ad affrontare l’inverno, protette dai monti e dalla boscaglia, per non far avanzare ulteriormente il nemico. Ma quella che fino ad ottobre era sembrata una ritirata ormai inesorabile, ebbe un colpo di scena inaspettato che si consumò nella notte tra il 25 e il 26 dicembre.
Approfittando di una tregua natalizia non scritta, ma di solito rispettata da tutti, i nazi-fascisti vollero infliggere un duro colpo agli americani per rinvigorire le proprie truppe, ormai stremate e sfiduciate. Senza alcun avvertimento, fin dalle prime ore del mattino, dettero il via ad un intenso e improvviso bombardamento con le artiglierie per coprire l’avanzata delle truppe tedesche intenzionate a recuperare terreno sul lato sinistro del fiume.
A farne le spese per primo e principalmente fu il paese di Sommocolonia, il più vicino al fronte, che finì con l’essere distrutto per gran parte dopo tante ore di bombardamento. Chi potè, si mise in salvo scappando verso valle mentre per tanti non ci fu scampo. Da parte sua, l’esercito americano, preso alla sprovvista, fu costretto a retrocedere fino a Calavorno, da dove poter allestire un’adeguata controffensiva. Una guerra lampo che vide il sacrificio di tanti soldati afroamericani della 92ª Buffalo, mandati allo sbaraglio in questa guerra a cui giunsero impreparati. Proprio a Sommocolonia, quel giorno, si consumò il sacrificio del ten. Johan Robert Fox che, rimasto nascosto nei casolari abbandonati, per guidare i colpi delle artiglierie amiche contro i tedeschi, una volta scoperto e circondato, per non volersi arrendere, ordinò ai propri soldati di fare fuoco proprio sulla sua postazione per infliggere al nemico le perdite maggiori, pur sapendo che insieme a loro sarebbe morto anche lui.
E mentre gli americani cercavano di riorganizzarsi a Calavorno, il nemico raggiunse e saccheggiò Barga, Fornaci e Gallicano, in cerca di armi, cibo e animali. Un atto di forza ed un gesto dimostrativo utile al loro morale e anche a rimpinguare le ormai scarse scorte in vista dell’inverno. Tre giorni in cui ogni certezza, tornò ad essere terrore e paura, che non segnarono la svolta in nessuno dei due schieramenti, lasciandosi dietro più di centotrenta vittime, tra civili, partigiani e soldati americani e tedeschi, ma che fecero capire al nemico nazifascista, il destino segnato della loro guerra. E infatti, privi del supporto di rinforzi da terra e dal cielo, quell’avanzata dopo tre giorni si trasformò in una rapida ritirata sulle posizioni iniziali, senza attendere la reazione alleata. Quella battaglia era finita, ma per la Garfagnana la guerra continuò per altri quattro mesi.