REDAZIONE LUCCA

La cultura popolare: riscoperta e valorizzazione delle tradizioni il 13 dicembre

Il 13 dicembre celebriamo la Giornata della Rete Italiana di Cultura Popolare, riscoprendo tradizioni e proverbi.

Salviamo la cultura popolare. Folklore e linguaggio sono valori da tramandare

Simonetta Simonetti e il libro ’Tre limoni... cento lire!’ scritto in collaborazione con Michela Sorbi

La cultura popolare non è la cultura del nostalgico, del passato o di una determinata classe sociale ma piuttosto è la Grande Madre di ogni prodotto culturale che è nato da lei. Nell’idea di molti si tratta di una sorta di subcultura, di un qualcosa legato unicamente alle tradizioni e alle ritualità dei tempi passati, tramandata oralmente e talvolta rimasta patrimonio del mondo anziano.

La data del 13 dicembre, a partire dal 2006, è stata scelta per la Giornata della Rete Italiana di Cultura Popolare, una giornata dedicata alla raccolta e al racconto di tutte quelle realtà e attività, espressioni di cultura che nascono dal basso, dalle tradizioni, ai saperi, ai proverbi, ai giochi, alle usanze locali e anche ad altri aspetti magico-religiosi che appartengono a una comunità. Per molto tempo la cultura popolare è stata ritenuta una sotto cultura o in modo riduttivo una un’espressione connotativa del mondo rurale. Nel corso della storia è stata stigmatizzata in senso negativo come una forma di appiattimento culturale distintivo delle classi subalterne rispetto a quelle dominanti.

Non è condivisibile la distinzione tra il termine folklore e quello di cultura popolare, i confini sono minimi, le interpretazioni esclusivamente personali, come scriveva nel 1846 l’archeologo inglese W. J. Thoms, il folklore è “l’insieme delle tradizioni popolari di una regione, di un paese, di un gruppo etnico; in tutte le manifestazioni culturali che ne sono espressione; cioè usi, costumi, leggende, credenze e pratiche religiose o magiche, racconti, proverbi e quanto altro è tramandato per tradizione orale”. Quindi tradizioni popolari e folklore sono elementi essenziali e costitutivi per una cultura territoriale. Preziosa testimonianza e eredità del passato, è assolutamente indispensabile da parte di cittadini e Amministrazioni pubbliche conoscerle, tutelarle e, sopratutto, valorizzarle.

Riscopriamo allora quelle tipiche forme di comunicazione come l’uso del “proverbiare” che era un’usanza quotidiana di grande efficacia e che riusciva sempre a capire e a far capire, riscopriamo i giochi di strada che servivano alla conoscenza di sé e dell’altro. Non lasciamo che le nostre tradizioni, le usanze, le tipicità specifiche delle comunità rimangano solo “cose da vecchi”! L’efficacia della sintesi che si può ritrovare in un detto o in un proverbio è veramente singolare. Stigmatizza la realtà, condanna, esalta, plaude o biasima uno stile comportamentale o un modo di agire senza possibilità di scampo!

La mia generazione è stata estremamente fortunata, almeno questo a me sembra, per quella continua mole di pedagogia familiare che accompagnava la nostra crescita e la conoscenza del mondo intorno a noi. Alcuni detti sono lapidari, a volte ci lasciavano attoniti smarriti e infastiditi, un’alzata di spalle era la risposta più comune perché non riuscivamo a trovare una risposta utile a toglierci dall’imbarazzo. Un esempio fra tanti: la colpa morì fanciulla perché ‘un la voleva nessuno. E lì per lì non ci fai caso, poi te lo ripeti normalmente e quella “fanciulla” che ‘un la voleva nessuno ti rimbalza in capo e ti chiedi: ma perché ‘un la voleva nessuno? Che aveva fatto poverina?!

I proverbi sono come le ciliegie uno tira l’altro, Chi non si ricorda la sora Camilla che tutti la vogliono e nessuno la piglia! Altro mistero, altro personaggio che viene identificato con chi si da arie o si vanta esageratamente. L’ingratitudine viene sottolineata e definita inesorabilmente da questo proverbio dove il sacro e il profano si ritrovano: A fa’ del bene agli ignoranti ci rimetton’ Dio e tutti i Santi. I proverbi e i detti sono “evocatori” di ricordi, hanno il potere di aprire i cassetti della memoria, di condividere memorie, sono un grande contributo alla memoria collettiva e la carta d’identità di una comunità.

Merita quindi ricordare quanto sia stato l’apporto della cultura popolare alla cultura in tutti i vari campi. Il 13 dicembre in una piazza cittadina (es. Piazza Anfiteatro) si organizzi una giornata dedicata alle tradizioni, alle usanze, ai cibi, ai giochi, alla musica etc e una mostra di foto relative alle “Piazzaiole”, genere femminile depositario di storia e di memoria collettiva. Lo scorso 11 dicembre sono state ricordate in un video dal titolo evocativo “Tre limoni... cento lire” di fronte a un folto pubblico al Real Collegio. Un incontro denso di emozioni che ha provocato ricordi, aneddoti e il desiderio di non dimenticare, un omaggio a una categoria di donne lavoratrici “le piazzaiole” che fanno parte integrante della nostra storia cittadina.

Simonetta Simonettistudiosa di tradizioni popolari