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“La leggenda degli unici“. Viaggio fantasy di Ricci

Alessandro Ricci racconta come è arrivato alla scrittura del suo romanzo fantasy, ispirato da eventi reali, esperienze personali e mitologia. Un viaggio che lo ha portato a scoprire l'identità di persona e di scrittore, e a fare del bene agli altri e a se stesso.

“La leggenda degli unici“. Viaggio fantasy di Ricci

Alessandro Ricci, cosa ti ha condotto incontro alle storie del tuo romanzo fantasy, della triologia “I racconti di Elmoni“, dal titolo “La leggenda degli unici“?

“Sono state le storie stesse a venirmi incontro. Ho sempre amato

inventarle, fin da quando ero un bambino. Il minimo stimolo, un litigio per strada, una macchina che passava due volte davanti a me, una sedia abbandonata vicino ai cassonetti, erano pretesti per creare storie fantastiche. Infatti la definizione di “ragazzo con la testa tra le nuvole” mi accompagna fin dalle elementari. Un giorno ho pensato: perché non scriverle?“.

Ed è mentre stavi tra le nuvole che hai incontrato l’identità di persona e di scrittore?

“Torno spesso a rifletterci. E sempre di più capisco che questa identità non l’ho incontrata per caso al bancone di un bar, è cresciuta e cambiata con me, come una sorta di compagno immaginario. Era la mia isola, la grotta dove mi riparavo nei momenti di

sconforto, è sempre stato anche il mio coraggio. Ma non lo sapevo. Poi un giorno mi è stato regalato un libro“.

E se ti fosse stata regalata una spada saresti diventato un Samurai?

“Forse un cavaliere, visto che per tanti anni ho militato in gruppi di rievocazione storica e praticato scherma medievale. Il libro in questione, arrivato come regalo di Natale da un mio datore di lavoro, spiegava in modo semplice la cultura dell’Ikigai giapponese. Lo lessi curioso e ne rimasi folgorato. Si vede che era il momento giusto. Credo che proprio come avviene in natura, le nostre identità si rivelino in tempi precisi“.

E se ti vedessimo fuori dal tuo tempo di creazione?

“Ho una grande passione per il mondo del fitness e anche lì mi piace “scrivere” le esperienze di

movimento, sono un coach nel tempo libero. Poi naturalmente amo il tempo costruito con mia moglie Stefania, con la quale condivido il profondo amore per l’arte in tutte le sue forme (lei è una illustratrice) e anche se non sono un grande viaggiatore, mi immagino più come Salgari, compio viaggi incredibili attraverso l’osservazione degli eventi, delle tipologie di persone, di ogni dinamica esistenziale“.

Ne trai ispirazione?

“Certo. Dalla mitologia, giochi di ruolo, esperienze personali. Però il nucleo incandescente resta il pensiero che le mie storie potranno arrivare dove saneranno ferite e faranno del bene. E quando si fa del bene ad altri, lo facciamo a noi stessi. A ciò che siamo, che siamo stati e che saremo“.