REDAZIONE LUCCA

La magica voce delle campane A fuoco o acqua

Il loro linguaggio trasmetteva messaggi essenziali come ci racconta lo scrittore Giampiero della Nina

Le campane non servivano soltanto per battere le ore. Avevano un proprio linguaggio e non c’era persona che non sapesse interpretarlo. Chiamavano al raduno, avvertivano di un pericolo, invitavano alle funzioni in chiesa, segnalavano una morte, un funerale, un matrimonio, un giorno di festa. Chiamavano a pregare al capezzale di un moribondo. Suonavano “per il tempo” e “per il bene”. Potevano essere anche più esplicite: distinguevano il funerale dell’adulto da quello del bambino; suonavano “a fuoco” e “ad acqua” per richiamare la comunità in aiuto del prossimo. A Firenze, la campana del Bargello suonava “a gogna” durante l’ora della pubblica esposizione del reo. Il suono della campana veniva impiegato anche per mitigare i disastrosi effetti di un temporale in arrivo, trasformando la grandine in pioggia. C’erano poi campane speciali, come quella della ‘smarrita’ di Altopascio, o quelle dell’oratorio del SS. Crocifisso e della chiesina di San Bartolomeo in Pizzorna che suonavano per orientare i viandanti. Alcune poi diventavano leggenda: si racconta che ancora oggi la campana della fortezza di Montecarlo, suoni nei momenti di pericolo. Come fece nel lontano 1314, quando Uguccione della Faggiola attaccò il Cerruglio uccidendo persone e distruggendo quanto incontrava sul suo cammino. Suonavano con un doppio, la fine del Carnevale e l’inizo della Quaresima.

Ma le campane venivano apprezzate in modo particolare, quando suonavanoa festa. Per questo, le varie comunità, facevano a gara a chi le avesse più grandi, più belle, più melodiose, più armoniose da stupire le vallate. Non si guardava a spese quando si trattava di acquistare le campane. Il fenomeno viene preso in considerazione dal marchese Mazzarosa, che lo ascrive fra le ‘debolezze’ dei contadini lucchesi. Afferma: “Si fa a gara tra le parrocchie vicine per averle di maggior peso e di miglior suono; né mai è finito di fondere e di gettare… Presto è trovato il modo con guastarle, di fare in tutti nascere la voglia di qualche cambiamento”. Si potevano guastare anche con il “malocchio” delle persone invidiose, appartenenti a qualche comunità vicina.

Prima di alloggiarle nella torre campanaria, dovevano essere sottoposte ad una solenne benedizione, impartita dall’Arcivescovo in persona. La dimostrazione di quanto fossero amate la si ebbe quando Mussolini nel 1942 decretò che ogni parrocchia doveva donare alla causa della guerra una campana per produrre cannoni. Ci fu una vera e propria mobilitazione nelle nostre comunità che escogitarono i motivi più stravaganti per non consegnarle. Chi non riuscì nell’intento, si dovette rassegnare ad assistere alla loro rimozione, con gli occhi pieni di lacrime, ma, qualche giorno prima, come successe a Porcari, la comunità volle registrare per l’ultima volta quella voce diventata così familiare, facendo venire una ditta specializzata da Bologna, in grado di catturarne il suono, a futura memoria.