Un corteo di 60 trattori che transiterà domani mattina intorno alle Mura per dire che no, così l’agricoltura non può andare avanti. E che a farne le spese non sono soltanto loro, i coltivatori diretti, ma anche la nostra buona tavola e, quindi, la nostra salute. Oltre a al portafoglio, con prezzi alle stelle al consumatore che non hanno nessuna corrispondenza con ciò che effettivamente incassa il produttore. Basti dire che un litro di latte delle nostre stalle viene pagato al produttore solo 31 centesimi. In più mettici la concorrenza dai paesi Europei, meno imbrigliati sul fronte dell’utilizzo dei fitofarmaci e non solo. “E’ concorrenza sleale, ci stanno ammazzando – è l’urlo dei coltivatori diretti –. I prezzi sono in calo continuo per chi vende all’intermediario, mentre aumentano per il consumatore che magari, non sapendo, ce ne dà pure la colpa“. Il grano è il prodotto ’spia’, il prezzo con cui l’intermediario compra al produttore si è dimezzato in un anno. Così quello dei semi di girasole.
Una ruota che va indietro per chi produce e che è a un passo dall’alzare bandiera bianca. Così gli agricoltori oggi si mobiliteranno rumorosamente e poderosamente: 60 trattori (è la cifra massima che è stata loro consentita per non creare troppi disagi al traffico) alle 10 di domani lasceranno il punto di raduno in Piazza Aldo Moro a Capannori – dove erano ieri e dove resteranno anche oggi per tutto il giorno– e si dirigeneranno in corteo transitando per un tratto di circonvallazione per poi far tappa intorno alle 11.30-mezzogiorno nel piazzale Don Baroni. Tra i perchè della protesta la riprogrammazione del “Green Deal“, ovvero “la revisione completa della politica agricola europea di estremismo ambientalista a discapito della produzione agricola e dei consumatori, cerealicoltura, bovini e ovini, regolamenti sui digestati“. Gli agricoltori chiedono anche di vietare l’importanzione di prodotti agricoli provenienti da paesi dove non sono in vigore le nostre regole produttive e sanitarie. Chiedono anche di eliminare l’obbligo di non coltivare il 4% dei terreni e ogni forma di contributo volta a disincentivare la coltivazione, una contraddizione in termini. Tra i punti anche la detassazione Irpef Imu, agevolazioni sul carburante agricolo, regolamenti stringenti che contrastino l’ingresso sul mercato di cibi sintetici, ridurre l’Iva su prodotti alimentari primari (sul vino massimo il 10%). E, non ultimo, contenere la fauna selvatica. Cinghiali ma anche piccioni e nutrie stanno compiendo devastazioni nei campi coltivati. E i rimborsi si vedono con la lente di ingrandimento.
Laura Sartini