REDAZIONE LUCCA

"L’ha uccisa sapendo quello che faceva"

Secondo la consulente psichiatrica della parte civile, Luigi Fontana era capace di intendere e di volere quando colpì a morte la moglie

Non ha voluto parlare Luigi Fontana, tornato ieri in aula per la seconda udienza in Corte d’Assise che lo vede imputato per l’omicidio della moglie, Carmela Fontana, uccisa a coltellate il 28 maggio dello scorso anno. Invitato dal giudice Nidia Genovese ad andare alla sbarra, il reo confesso ha preferito rinunciare, rimandando così la sua versione dei fatti alle dichiarazioni che lo stesso fece in fase di interrogatorio. Si è chiusa così l’udienza, più breve del previsto, con il rinvio al prossimo 18 maggio, quando verrà sentito il consulente psichiatrico della difesa, incaricato di effettuare la perizia su Fontana e che ieri non è potuto essere presente.

Il profilo psichico dell’imputato è stato comunque affrontato dalla consulente della parte civile, la dottoressa Matilde Forghieri di Modena, incaricata di effettuare un’analisi in base agli atti. Alle domande degli avvocati della parte civile e del pubblico ministero, il dottor Alberto Dello Iacono, la dottoressa ha risposto dando la sua valutazione sulla base dei documenti analizzati, nello specifico il referto di ingresso in carcere e la lettera di dimissioni dell’ospedale dove l’imputato trascorse qualche giorno, subito dopo i fatti. In quelle pagine si fa riferimento ad uno stato di forte agitazione del reo confesso, con malori, palpitazioni, tremori e minacce di autolesionismo. Elementi che secondo la dottoressa Forghieri sarebbero riconducibili al forte stress dato dalle varie circostanze: tra cui il tradimento da parte della moglie e soprattutto l’ingresso in carcere. "Questo tipo di stato emotivo è abbastanza comune tra i neo detenuti - ha spiegato la psichiatra - tant’è che esistono dei protocolli di monitoraggio e sorveglianza per i gesti autolesivi. Spesso queste reazioni sono determinate non dal fatto commesso, ma dalla realizzazione della detenzione".

E la reazione di Fontana, seppur abnorme, viene catalogata dalla dottoressa come nevrotica e non psichiatrica, quindi riconducibile ad un fatto concreto scatenante. Che in questo caso potrebbe essere la presa di coscienza del tradimento, acuita secondo la Forghieri dalla "ferita narcisistica derivata dal pensiero che tutti in città potessero saperlo", elemento che emergerebbe anche dai colloqui in carcere con i parenti.

In pratica, secondo la consulente, non ci sarebbero elementi tali da far pensare a un’infermità mentale, né a un’incapacità di intendere e di volere. Colpire la moglie, fino a ucciderla, sarebbe stata una scelta di Fontana, compiuta in presenza delle proprie capacità mentali. E non solo. Ci sarebbero una serie di comportamenti emersi nel corso delle indagini, come il cambio degli abiti e la cancellazione sul proprio cellulare delle telefonate fatte dal 23 maggio (giorno in cui avrebbe scoperto del tradimento) al 28, che, se tenuti dopo i fatti, potrebbero far supporre che il soggetto avesse contezza della situazione nella quale si trovava.

Teresa Scarcella