Paolo Pacini
Cronaca

Maxi-evasione: chiesto il rinvio a giudizio per tre grossi imprenditori del calzaturiero

Davanti al gup di Lucca il 14 aprile per un giro di società all'estero

Da sinistra, il comandante della finanza colonnello Gianluca Filippi, il pm Aldo Ingangi e il tenente colonnello Pierfrancesco Bertini

Lucca, 11 febbraio 2015 - Dovranno comparire il prossimo 14 aprile davanti al gup di Lucca due imprenditori lucchesi del settore calzaturiero e un socio d’affari pisano che risiede in Tunisia. Per loro il pm Aldo Ingangi ha chiesto il rinvio a giudizio per una maxi evasione fiscale, scoperta dalla Guardia di Finanza. Un vorticoso giro internazionale di società e false fatturazioni. Il totale di evasione contestato ammonta a oltre 11 milioni di euro, ed è stato intanto ottenuto dal gip un provvedimento di sequestro preventivo per equivalente di 50 immobili (fra terreni e fabbricati), per un valore di oltre 2.500.000 euro, riconducibili ai soci dell’azienda lucchese. Sotto accusa per frode fiscale Giovanni e Stefano Fenili, della «Fenili Calzature» di Segromigno in Monte. Davanti al gup dovrà comparire anche l’imprenditore Luciano Martelli, di Montopoli Val d’Arno, ma da anni residente in Tunisia, titolare di varie società del settore calzaturiero. Sarà il giudice a valutare le rispettive posizioni e a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio dei tre imputati.

L’INCHIESTA della Procura è stata molto complessa e si è avvalsa anche di rogatorie internazionali in Portogallo e Svizzera, in collaborazione con Eurojust. L’indagine, durata circa un anno, era scattata dall’esame dei molteplici rapporti commerciali intrattenuti fra una società tunisina, facente capo al Martelli e il calzaturificio di Segromigno. Sospetto il numero rilevante di prelievi in contanti eseguiti dall’amministratore della società tunisina e il numero di bonifici eseguiti dalla società lucchese in pagamento di importazioni effettuate dal territorio africano. La Guardia di finanza di Lucca aveva scoperchiato con pazienza e abilità un pentolone di società estere, prestanome e fiduciarie svizzere con diramazioni in Portogallo, alle Seychelles, in Nuova Zelanda e negli USA. Società ritenute riconducibili agli imprenditori lucchesi, che emettevano fatture per operazioni insesistenti. Il trucco sarebbe andato avanti dal 2005 fino al 2010, consentendo loro di sottrarre al fisco italiano parecchi milioni di euro. Alla società lucchese viene contestata una maggiore base imponibile ai fini delle imposte sui redditi per circa 6 milioni di euro, nonché 240mila euro di base imponibile Irap. A ciascun socio lucchese contestato un maggior reddito di circa 1.500.000 euro, più l’omessa compilazione del quadro RW per 850.000. Di oltre 3,5 milioni di euro è, invece, il reddito sottratto a tassazione dal pisano residente in Tunisia. Gli imprenditori lucchesi, dal tenore di vita elevato, denunciavano al fisco in media dai 40 ai 60mila euro l’anno.