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Maturità nei prefabbricati Parola ai ragazzi del Paladini "Le persone valgono più del luogo"

I ragazzi hanno svolto tutto il ciclo delle superiori nelle strutture al Campo di Marte. Ma la priorità per gli studenti è un’altra: "Le emozioni te le danno i compagni, non le aule".

Maturità nei prefabbricati Parola ai ragazzi del Paladini "Le persone valgono più del luogo"

di Iacopo Nathan

"Sicuramente una classe vera ci è mancata, di quelle tradizionali intendo". Per gli studenti del Paladini non c’è stata nessuna aula antica simile a quella dell’interrogazione di Luca nella scena finale di “Notte prima degli esami“, e neanche un lungo corridoio da cui scappare verso il mare come in “Ovosodo“. Perchè se anche il cinema si è appassionato al famigerato e temuto esame di Maturità, raccontandone anche la parte austera e scenica degli spaventosi istituti, fa certo meno paura un gruppo di prefabbricati in mezzo ad un parcheggio, proprio sotto l’ex ospedale Campo di Marte. Doveva essere una soluzione provvisoria. Qualche mese dentro dei moduli prefabbricati, molto simili a dei container, per permettere i lavori di ristrutturazione nella storica sede scolastica, un ex convento in via San Nicolao.

Invece per il liceo di scienze umane Paladini di Lucca, il più grande della città nel suo indirizzo, è diventata una situazione permanente. E così dal 2018, e per centinaia di studenti è ormai un’abitudine fare l’appello dentro cubi di metallo e alluminio. Così tanto un’abitudine, che ieri hanno anche iniziato l’esame di Maturità dentro gli spazi che ormai sono soliti chiamare “scuola“, ma che di scuola hanno ben poco. All’apparenza niente di strano, tutti gli anni i ragazzi hanno sostenuto le prove all’interno dei prefabbricati, se non fosse che i diplomati del 2023 saranno i primi a non aver mai messo piede in San Nicolao, iniziando e completando il ciclo di studi all’interno di quella che doveva essere solo una risorsa temporanea.

"Dopo la prova un po’ di emozione c’è - continua Giulia Iannella, seduta su un muretto proprio antistante ai container, una delle prime ad uscire dalle classi -. Non ho mai provato l’esperienza di stare in una strutture liceale come le altre, però voglio credere che le emozioni che sento siano le stesse dei miei colleghi. Sicuramente quando ho finito le scuole medie e mi sono immaginata a fare la Maturità, mi sono pensata in una classe come quelle che si vedono nei film, mi sarebbe piaciuto almeno avere un giorno dei muri veri". Passano le ore, e alla spicciolata i ragazzi consegnano e varcano il cancellino dell’istituto, a caccia di libertà.

"Sono ancora molto emozionata - dice Annalisa Matteucci -. Ormai ci siamo abituati anche ai prefabbricati, li abbiamo inaugurati noi e ci hanno accompagnato fino alla fine. Avrei sicuramente preferito una classe vera, magari la nostra sede in via San Nicolao, ma non ci possiamo fare molto".

"La Maturità è una cosa che si ricorda per molto tempo - aggiunge Matteo Danesi -, quindi credo che la cosa più importante sia il gruppo di persone con cui passi questi 5 anni e superi l’esame. Naturalmente anche il luogo è importante, ma le persone lo sono di più. Sono ancora emozionato, ma sono felice di come ho fatto la prima prova".

" Le tracce mi hanno un po’ spaventata, ma ho riordinato le idee e sono arrivata in fondo bene -conclude Matilde Piacentini -. Sicuramente avere una classe vera, magari nella sede di San Nicolao sarebbe stato bello e importante, credo ci sia mancata come cosa. Va anche detto che la cosa principale credo sia la classe, le emozioni che si provano con i compagni e le persone, poi la struttura passa in secondo piano".

Sulla questione container è intervenuta anche la preside del Paladini, Emiliana Pucci. "Ci auguriamo davvero che il prossimo anno - chiarisce - , come annunciato dal presidente Menesini, sarà quello ’buono’, del ritorno in sede". Dopo la prima prova, però, è già tempo per i circa tremila maturandi lucchesi di focalizzarsi sul secondo scritto, che si terrà oggi. Dalla prossima settimana, poi, inizierà la girandola di esami orali che accompagnerà gli studenti alla fine di un percorso lungo 5 anni, fatto di gioie e dolori, punto di svolta per ognuno, sia dentro una classe che in un container.