Morta per melanoma. L’Asl si difende: ‘Assolti in sede penale’

Intanto ha offerto 400mila euro alla famiglia

Laura Giannoni, la biologa morta a 48 anni il 2 maggio 2014 per un fatale melanoma

Laura Giannoni, la biologa morta a 48 anni il 2 maggio 2014 per un fatale melanoma

Lucca, 28 settembre 2019 - Botta e risposta sul tragico caso di Laura Giannoni, la 48enne morta nel maggio 2014 per un fatale melanoma. La biopsia a un neo che nel giugno 2010 riscontrava già quel melanoma non le fu mai consegnata. Mentre va avanti la causa civile intentata dal marito Massimo Bardazzi, che vede ora i due periti nominati dal tribunale accusare esplicitamente l’Asl di negligenze come «causa determinante del successivo decesso», l’Azienda USL Toscana nord ovest replica evidenziando che sotto il profilo penale l’inchiesta fu archiviata. Nel frattempo, fa sapere, è stata offerta una cifra (circa 400mila euro, ndr) a titolo di risarcimento, rifiutata però dalla famiglia.

«Comprendendo il dolore della famiglia della signora Laura Giannoni – afferma l’Asl – ripercorriamo la vicenda eto, che l’Asl ha portato avanti secondo le procedure usuali». «A livello giudiziario la prima tappa è stata il processo penale, al termine del quale la richiesta di reato è stata archiviata, il 16 dicembre 2013, su richiesta del pm con la motivazione che “non vi è stata alcuna omissione da parte dei sanitari i quali (il 16 giugno 2010) hanno eseguito l’esame istologico, provvedendo poi l’Azienda a dare avviso per il ritiro del referto in conformità a quanto previsto dai protocolli aziendali».

«All'epoca dei fatti l’organizzazione dell’Anatomia patologica dell’allora USL di Lucca rispettava le indicazioni aziendali e regionali nella gestione dei risultati degli esami istopatologici. Al mancato ritiro del referto da parte della paziente è seguito un primo avviso di giacenza che non ha avuto seguito. Come previsto dal manuale di qualità, il servizio di Anatomia patologica ha inviato il referto all’ufficio amministrativo che ha provveduto a trasmettere, tramite raccomandata postale, l’avviso di giacenza del referto istologico. La paziente ha regolarmente ricevuto la raccomandata. Nonostante questo, il referto medico non è mai stato ritirato».

«Nel procedimento giudiziario penale del 2013 il pm nella propria motivazione ha anche scritto che il paziente “in questo caso era stato messo nella concreta possibilità di informarsi e liberamente determinarsi. A ciò si aggiunga il necessario rispetto della riservatezza del paziente, che ben potrebbe essere interessato a non far conoscere a terzi (sia pure il medico curante) notizie circa il proprio stato di salute e che non consente di surrogare la comunicazione diretta con altre forme di comunicazione».

«Queste considerazioni – aggiunge l’Asl – sono state riprese dal gip del processo. Anche la Corte di Appello ha poi archiviato il procedimento con assoluzione del sanitario coinvolto. Nonostante l’esito in sede penale a favore della Asl, in sede civile è stata comunque avviata la procedura per riconoscere un risarcimento a favore dei familiari. A seguito della valutazione legata anche al tipo di tumore particolarmente aggressivo, effettuata in ambito locale e confermata a livello regionale (Comitato di valutazione dei sinistri), l’Azienda ha quindi formulato una serie di offerte, l’ultima delle quali parametrata sui livelli più elevati di “perdita di chance”, che la famiglia non ha però ritenuto adeguate. C’è stata, quindi, fin dall’inizio piena disponibilità a trovare un accordo per un risarcimento extragiudiziale, in assenza del quale sarà inevitabile arrivare a sentenza nel processo civile: la prima udienza è già stata fissata per l’inizio del 2020. L’Asl ribadisce la vicinanza umana ai familiari della signora Giannoni, ma ricorda che, essendo un ente pubblico, nei casi di risarcimento danni, deve sempre attenersi a parametri precisi stabiliti in maniera uniforme».