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Motta in San Francesco “Le mie canzoni? Fotografie della realtà“

Il cantautore sabato in concerto per il decennale del recupero della chiesa. Dalla gavetta a San Remo: “Credo nel senso di ciò che voglio comunicare“. .

di Maurizio Guccione

Ancora un appuntamento per festeggiare con “Anniversario in concerto” i dieci anni di vita culturale del Complesso di San Francesco, ristrutturato proprio nel 2013 grazie all’intervento della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. L’omonima chiesa, sabato alle 21 ospiterà il concerto del cantautore Francesco Motta dal titolo “Live in Trio”. Accompagnato dai musicisti Giorgio Maria Condemi e Cesare Petulicchio.

L’artista – che nel 2019 ha partecipato al Festival di Sanremo con il brano “Dov’è l’Italia” – si è aggiudicato per due volte la Targa Tenco. Nato a Pisa, è un cantautore molto seguito; polistrumentista, Si è distinto anche per l’interpretazione del celebre brano di Fabrizio De André, “Verranno a chiederti del nostro amore”. Compare, inoltre, in una puntata della fortunata serie Tv di quest’anno de ”I delitti del BarLume”.

Motta, di che cosa parlano le sue canzoni? Ci parli del suo genere musicale.

"Lo definisco un genere “italiano” che a spesso sfocia nel rock o nel folk; è la sintesi di ciò che ho ascoltato durante la mia vita e che mi ha affascinato: sono partito dalla musica americana e poi ho incontrato cantautori come Dalla e De Gregori che mi hanno affascinato".

Un piccolo passo indietro, come ha vissuto nel 2019 la partecipazione al Festival di Sanremo?

"Dal punto di vista professionale è la cosa più importante che mi sia capitata, facendomi capire tante cose; una buona dose di sana incoscienza, ma sentivo che sarebbe stato un passo fondamentle della mia vita".

Dal punto di vista della fascia di età, quel è il pubblico che in prevalenza la segue?

"È una domanda che mi pongo spesso, avverto comunque un parallelismo tra ciò che racconto e persone della mia età che le ascoltano; allora penso di aver colto nel bersaglio sapendo comunque che esistono artisti le cui canzoni sono senza tempo".

I suoi testi sono riflessivi, quasi intimisti, da che cosa nascono?

"Nascono sempre dalla voglia di raccontare certe cose, non mi è mai capitato di fare canzoni senza averne il desiderio; io di solito impiego molto tempo per scrivere un testo, proprio perché credo nel senso di ciò che voglio comunicare".

Oggi scriverebbe di nuovo le parole di “Dov’è l’Italia”?

"La risposta è sì, anche se mi rendo conto che che vi è stata una dose di presunzione; ritengo giusto che nel nostro ruolo si senta la respondabilità di saper raccontare, la visione poetica è molto importante".

Non deve essere stato semplice interpretare una canzone come “Verranno a chiederti del nostro amore” di Fabrizio De André: quale emozione ha provato?

"Una cosa è certa: non ho pensato al confronto ma ho cercato di immedesimarmi nel testo; a un certo punto, mentre cantavo, mi sono commosso e ho capito che se la stavo cantando c’era un motivo".