Non più ‘porta a porta‘. Il modello del dottor Rossi “Studi più organizzati con servizi e infermieri“

Il coordinatore Asl della Piana: “Occorre puntare a un modello omogeneo con strumenti come l’ecografo, la spirometria e gli esame del sangue“.

Non più ‘porta a porta‘. Il modello del dottor Rossi “Studi più organizzati con servizi e infermieri“

Da sinistra il dottor Francesco Rossi, il direttore sanitario Giacomo Corsini e il direttore del San Luca Spartaco Mencaroni

Non si sta bene, ma siamo stati peggio. Una consolazione che al momento ci deve bastare. “La percezione è che al momento su Lucca non ci siano carenze importanti di medici. In sostanza – spiega il dottor Francesco Rossi, coordinatore Asl dei Medici di famiglia per la Piana di Lucca – chi vuole cambiare medico o passare dal pediatra al medico trova una risposta nella maggior parte dei contesti della Piana. Abbiamo vissuto momenti peggiori, siamo nella fase in cui molti medici sono entrati, in particolare negli ultimi due anni, risolvendo criticità. Alcune carenze sono rimaste e mi riferisco a zone isolate, soprattutto nel comune di Pescaglia, Villa Basilica, Porcari“.

“Per risolvere l’azienda ha messo a disposizione bandi per medici con incarico a termine – dice Rossi –, al massimo dodici mesi, in attesa che il posto venga ricoperto in modo definitivo. Per avere un incarico temporaneo si può essere anche neo laureati, naturalmente l’assegnazione avviene tramite punteggio quindi i già specializzandi passano avanti ai neo laureati. Poi invece decadono quando entra un medico incaricato a tempo indeterminato“. Non conta solo il numero, ma anche quanto lo studio è organizzato e strutturato e questo anche nell’ottica di alleggerire il pronto soccorso. “E’ chiaro che il messaggio che vorremmo far passare noi medici di famiglia è che bisogna cercar di preferire un certo tipo di organizzazione strutturata con comparto infermieristico e servizi aggiuntivi – sottolinea il dottor Francesco Rossi –. Anche l’utenza deve essere preparata a una piccola grande svolta epocale. Il medico non può essere più quello che va casa per casa nel paesino isolato e questo non certo per cattiva volontà. E’ che il modello sta cambiando, occorre accentrare risorse e strumenti nei luoghi di prossimità rispetto al paziente, secondo un format più organizzato“.

Sulla carta parrebbe la descrizione delle case di comunità, però decollate solo in parte. “Alcune strutture sono pronte o in fase di ultimazione, occorre solo mettere a regime il personale, altre sono già operative come la casa di comunità di San Leonardo che in pratica è la sede stabile di alcuni medici di famiglia. Marlia è ultimata ma ancora non operativa e così anche Sant’Anna, mentre Torcigliano per Pescaglia dovrebbe essere ultimata nel 2025“. In stand by per il momento le case di comunità che dovrebbero coprire anche il turno di notte. Sul campo oggi sono diversi i medici massimalisti (fino a 1.500 pazienti) operativi, alcuni addirittura fino a 1.800. La buona notizia è che il grosso dei pensionamenti è avvenuto negli ultimi anni.

“L’onda d’urto da questo punto di vista è passata – evidenzia Rossi –. Ora è importante concentrarci sul futuro della medicina generale, in cui sarà importante riuscire a organizzarsi in modo da offrire servizi aggiuntivi come l’ecografia, l’elettrocardiogramma, esami del sangue e spirometria. In un momento in cui il carico di lavoro burocratico è alto è ancora più importante l’organizzazione dello studio. Non tutti i medici oggi hanno l’infermiere e il personale di studio, occorre andare verso un’omogenizzazione in questo senso“. Segnali concreti di svolta esistono, anche il Covid ne ha dato prova. “Negli ultimi periodi gli ambulatori stanno offrenedo nuovi servizi, un segnale concreto e molto interessante. Si fanno i vaccini, non solo per l’influenza ma per l’herpes zoster, polmonite, tetano e altri. I risultati ci sono: abbiamo toccato con mano il miglioramento dell’aderenza alla vaccinazione, un ottimo modo di riappropriarci di questo importante ruolo sul fronte della prevenzione“.

L.S.