Lucca, 14 gennaio 2025 – Continua senza sosta la ricerca dell’arma che ha esploso il colpo fatale per Artan ’Tony’ Kaja. La pistola, probabilmente di basso calibro, è uno dei tasselli mancanti del puzzle, grazie al quale gli inquirenti sperano di far luce e chiarezza sull’omicidio dello scorso 7 gennaio. Sono ancora tanti i punti interrogativi che aleggiano intorno al caso di Lunata, dove all’interno del piazzale della cartiera Smurfit Kappa è stato trovato il cadavere del 52enne albanese. Da subito hanno iniziato a rincorrersi le voci sull’accaduto, con ricostruzioni più o meno fantasiose, a partire dall’ipotetica caduta dall’alto fino al malore fulminante. Gli accertamenti sul cadavere della vittima, però, non hanno lasciato più dubbi: si è trattato di omicidio. Un colpo di pistola alla base della nuca, probabilmente mentre l’uomo era girato, e non si è accorto di niente. Dai carabinieri, la mattina successiva al ritrovamento del corpo, si è presentato Marjan Pepa, coetaneo della vittima e connazionale, oltre che amico di vecchia data. “Sono io il responsabile di quanto successo nella cartiera” le uniche parole che è riuscito a dire, prima di chiudersi in uno stato di choc e mutismo difficili da scalfire.
A quel punto è scattato l’arresto da parte carabinieri, seguito dall’ interrogatorio di garanzia to in carcere dal gip Simone Silvestri, avvalendosi però della facoltà di non rispondere. “Non me la sento di parlare di quello che è successo” le uniche cose che è stato in grado di dire al giudice per le indagini preliminari e al pm Lucia Rugani. Ha scelto di non confidarsi con nessuno, di non dare spiegazioni sul gesto di cui si accusa. Anche al suo avvocato, Mara Nicodemo, ha lasciato pochissimo spazio di manovra. Solo il silenzio e la richiesta di pagare in carcere per quanto commesso. A seguito di questo è stato deciso di confermare il fermo a Pepa, che al momento si trova in cella al San Giorgio di Lucca.
In suo sostegno c’è uno psichiatra, che lo sta seguendo. Questo silenzio, come detto, sta complicando anche le indagini, visto che sono ben due gli aspetti chiave che rimangono avvolti nel mistero. Ovvero il movente che avrebbe spinto Pepa a uccidere l’amico e dove avrebbe buttato la pistola. Perché secondo una prima ricostruzione, l’assassino sarebbe passato dal cimitero di Lunata, entrando nel piazzale scavalcando un muretto e trovandosi alle spalle di Tony Kaja. Ma l’arma non è ancora stata trovata, nonostante una ricerca capillare in tutta la zona, e Pepa non sembra ricordarsi minimamente che fine avrebbe fatto fare all’arma. Per il movente, invece, al momento si pensa che tutto sia da collegare al rapporto tra i due uomini, che da tempo si era incrinato pesantemente.
Rancori covati negli anni a seguito di invidia e gelosia, situazione lavorative e familiari differenti che avrebbero generato una serie di attriti, con i due che sarebbero arrivati alle mani qualche settimana fa, proprio dove Tony poi è stato ucciso. Alcune risposte arriveranno dall’autopsia, che verrà svolta domani, dopo che verrà affidato l’incarico alla dottoressa Marradi. Nei giorni scorsi, intanto, è stato effettuato un esame radiologico all’ospedale San Luca sul corpo dell’uomo, confermando come il proiettile mortale sia ancora all’interno del cranio.