Tirare diritto, comunque vada. Il sindaco Mario Pardini lo ha ribadito proprio dalle colonne del nostro giornale: nella corsa per la presidenza della Provincia non intende fare passi indietro e dunque arriverà a presentarsi, a prescindere dalla possibilità di arrivare al risultato – sulla carta quasi proibitivo – di riuscire a far convergere sul proprio nome tutte le forze centriste e civiche sparse nei comuni del territorio provinciale e sfilare, dopo quasi trent’anni, la Provincia al centrosinistra.
Lo scenario è chiaro: il sistema elettorale per il presidente della Provincia, una discutibile eredità del ministro Pd Delrio impone, sino a che non verrà rivista la legge, di non far votare i cittadini, ma solo i consiglieri dei comuni del territorio provinciale, un voto ovviamente pesato sulla base della dimensione del comune stesso: in sostanza, un consigliere comunale di Lucca ha un peso decisamente superiore a quello di, tanto per dire, Minucciano. E in questo scenario, conti alla mano, il centrosinistra dispone di circa il 46 per cento dei voti, il centrodestra il 35, mentre il resto sono in mano a civiche e partiti di sinistra o di centrosinistra come Azione o Italia Viva.
Pardini ha provato a sparigliare le carte dichiarandosi disponibile a candidarsi per uno schieramento che parte da destra e dal centrodestra, ma che guarda anche verso il civismo e non solo, un po’ sul modello di quanto fatto alle comunali a Genova e Venezia. Del resto, un’idea accarezzata dallo stesso Pardini nel 2022, prima di divenire il candidato ufficiale per Palazzo Orsetti del solo centrodestra.
I possibili alleati, come allora, sono il sindaco di Viareggio Del Ghingaro e quello di Coreglia Remaschi che è segretario regionale di Azione, il movimento guidato da Calenda. Senza i consiglieri di queste forze politiche con le quali è stato avviato un dialogo è impensabile arrivare a Palazzo Ducale.
Ma se la vittoria è il primo obiettivo di Pardini, non va dimenticato che per il sindaco di Lucca anche perdere, a patto di andare oltre quel 35 per cento iniziale, sarebbe comunque un parziale successo indicando una sua capacità aggregativa superiore allo schieramento di partenza. Un elemento che si unisce a un dato di fatto inequivocabile: il Pd, che dava per scontata la partita, deve serrare i ranghi e trovare una quadra al suo interno che ancora non è arrivata.
Sono tre i nomi in pista, e corrispondono a sensibilità interne anche lontane, oltre che essere rappresentativi di diverse realtà territoriali.
Dunque, per Pardini il dado è tratto: andrà avanti e proverà la conta contando sul fatto che è il sindaco del capoluogo. E che la strada sia ormai questa lo si capisce anche da un altro elemento: non esiste un piano B in casa del centrodestra.
Nel totonomi la casella accanto a quella di Pardini è vuota. Segno che il sindaco di Lucca preferisce arrivare sino in fondo, convinto che una eventuale sconfitta alle provinciali, come è avvenuto a Pisa per il sindaco Michele Conti (anch’egli di centrodestra), non influenzerà la corsa per il suo secondo mandato a Palazzo Orsetti.
Fabrizio Vincenti