Lucca, 3 agosto 2016 - Una vita apparentemente normale: sposato, tre figli. Un lavoro tranquillo alla 'Manutencoper', cooperativa che si occupa di servizi per l'Asl di Lucca. Una casa a Segromigno in Monte. Nulla che facesse presagire che Pasquale Russo potesse esssere una specie di dottor Jekyll e Mister Hyde. Nessuno in paese si dà pace, nessuno riesce a far coincidere le due figure: il padre tranquillo e lo stalker dalla furia omicida, capace di dare fuoco alla sua ex amante. Eppure tutti gli elementi sono contro di lui. Ieri è venuto fuori che l'uomo fosse in cura psichiatrica da tempo.
Ai poliziotti che l’hanno fermato a casa sua, quindici minuti dopo l’aggressione, ha detto: "Io? Non c’entro nulla, sono appena tornato dal lavoro...". E al commissario capo Silvia Cascino della Squadra mobile che gli chiedeva conto di una evidente bruciatura su un braccio, ha risposto: "Questi sono affari miei...".
Poi però è crollato negli uffici della questura. Ha ammesso: "Sono stato io, ma non volevo uccidere Vania...". Ora è nel carcere di 'San Giorgio'. Dopo la morte di Vania l'accusa nei confronti di Pasquale è cambiata da quella di 'tentato omicidio' a 'omicidio volontario'.
Di fatto fino a pochi mesi fa lui e Vania Vannucchi erano colleghi, lavoravano a stretto contatto per l’ospedale 'San Luca'. Era nata tra loro una storia passionale, che però lei aveva deciso di troncare da tempo. Lui non si era rassegnato e anche secondo alcuni colleghi aveva continuato ad assillarla, arrivando anche a minacciarla pesantemente, poi a picchiarla.
Lei si era confidata con amiche e familiari, preoccupata. Le avevano consigliato di denunciare tutto alle forze dell’ordine, ma lei sperava sempre che lui si calmasse. Non pensava che lui potesse arrivare a tanto. Per questo era andata a quell’appuntamento accanto ai magazzini Asl dietro il Campo di Marte. Era convinta di poterlo convincere che doveva rassegnarsi a lasciarle vivere la sua vita. Si sbagliava.