La picchiava, la maltrattava e la riempiva di insulti. Come se non bastasse le impediva di lavorare, privandola della sua indipendenza e della sua libertà. Poteva uscire solo con i membri della famiglia di lui, mai da sola. È l’inferno raccontato da una donna, di origini albanesi, che si è rivolta ai carabinieri per denunciare il marito, operaio 40enne, anche lui albanese. Per lui il giudice Alessandro Trinci ha stabilito una condanna di due anni e mezzo di reclusione.
L’uomo, che tra l’altro aveva inizialmente anche provato a intraprendere un percorso di recupero dedicato agli uomini maltrattanti, non sembrava pienamente consapevole delle sue colpe. Dalle carte, infatti, sarebbe emerso che lo stesso non ritenesse di averla maltrattata. Un particolare importante che ha convinto il giudice a non concedere la sospensione della pena, alla luce anche della violazione dell’iniziale misura cautelare del divieto di avvicinamento.
Ma facciamo un passo indietro.
I due, sposati da tempo, vivevano in Lucchesia insieme ai loro due figli e alla famiglia di lui. Un rapporto che si è poi rivelato opprimente per lei a tal punto da decidere, dopo averne subite tante, di non poter più sopportare quelle violenze, fisiche e verbali alle quali il marito la sottoponeva. Così un giorno ha chiamato i carabinieri e ha raccontato di una lunga convivenza fatta di percosse, delle quali portava ancora i segni sul corpo livido, di insulti e ingiurie nonché di isolamento.
I militari, alla luce di quei racconti, l’hanno aiutata a trovare accoglienza in una struttura di protezione dove la donna è andata a stare insieme ai figli. Non trovandoli più a casa, l’uomo si è rivolto ai carabinieri, accompagnato dal fratello, per sporre denuncia di abbadono del nucleo familiare. In quell’occasione il maltrattante non avrebbe proferito parola, lasciando che a spiegare la situazione fosse il fratello che, tra l’altro, seppur alla presenza dei militari avrebbe cercato addirittura di minimizzare il tutto.
Il 40enne operaio avrebbe anche iniziato un percorso di recupero presso una struttura specializzata e dedicata agli uomini maltrattanti, ma a quanto pare avrebbe sempre continuato a negare quelle violenze, rendendo l’iter completamente inutile. Imperterrito, si è anche messo sulle tracce della moglie, ignorando il divieto di avvicinamento. Un atteggiamento che inevitabilmente lo ha messo ulteriormente nei guai e che ora gli è valsa la condanna a due anni e mezzo di reclusione.
t.s.