don Franco CerriÈ finalmente arrivato il momento in cui tutti o quasi si sentono più buoni, hanno il cuore tenero, sono pronti a fare anche qualche atto di generosità verso i più poveri. Durante l’anno, no, ma in questi giorni bisogna esserlo. È quasi ridicolo, ma è così. È anche il momento dei pranzi di Natale per offrire a quelli che vivono da randagi e a quanti sono in difficoltà, l’opportunità di mangiare bene almeno una volta all’anno. Cosa certamente buona vedere delle persone mettersi al servizio dei poveri, passare un po’ di tempo con loro, anzi addirittura servirle a tavola. E, per questo servizio, per un giorno e per qualche ora all’anno, si muovono persino dei personaggi ritenuti importanti. È una cosa bella servire i poveri. Però non credo che sia un fatto da pubblicizzare, magari con ripresa tv e con qualche intervista, perché il bene lo si compie e basta, senza far suonare le trombe che annunciano l‘evento. Tanto più che, per qualcuno, è un modo per mettersi in mostra e, non si sa mai, può essere che ci scappi qualche voto in più. Mi sono chiesto: ma se questi personaggi di spicco, che hanno un peso nella vita sociale e politica, oltre a questo servizio annuale, si impegnassero anche a risolvere i problemi dei poveri, dei senza tetto, non sarebbe meglio? Fare attenzione per un solo momento a certe situazioni, non ci vuole grande sforzo, tanto più se è un’occasione per crearsi un palcoscenico di visibilità. Non vedo grandi attenzioni ai bisogni dei poveri, molti dei quali si trovano in situazioni disperate. Anche nella Chiesa, quando si aiutano i bisognosi, ci può essere la tentazione di porre l’attenzione più verso chi dona e meno verso chi riceve il dono. Da qualche parte, leggo: “Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te… Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra…”. E poi, non confondiamo un gesto di bontà con la vera condivisione. Dare via gli spiccioli o gli abiti usati non ci vuole grande fatica e non cambia niente nella nostra vita. Si comincia a cambiare, quando facciamo condivisione, quando non ci fermiamo a un gesto generoso, magari solo perché siamo sotto le feste natalizie. Certamente la Chiesa, in primo luogo, deve farsi carico dei poveri, ma non si tratta di fare un’elemosina. È la società nel suo insieme che deve fare il possibile per risolvere le situazioni di disagio. E non è male ricordare che ancor prima della carità c’è la giustizia. Il vero aiuto, il vero regalo di Natale da fare ai poveri, è adoperarsi perché sia riconosciuta la loro dignità, mettendo al primo posto il lavoro, la casa e la salute. Poi, ben venga anche il pranzo di Natale!
CronacaQuella solita bontà natalizia